CANNES 58 – Tra la vita e la morte

Mentre regna l'incertezza per l'assegnazione della Palma d'Oro, con le previsioni più diverse, sono stati presentati il cino-coreano "Grain of Ear" (Semaine), con delle riuscite intenzioni visive ma troppo frenato da una scrittura letteraria e il portoghese "Odete" (Quinzaine), riproduzione statica e presuntuosa del melodramma

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Comincia la stretta finale di questa 58° edizione di Cannes. Malgrado le indiscrezioni di questi giorni, che hanno visto favorito prima Broken Flowers di Jarmusch e poi Caché di Michael Haneke, l'assegnazione di questa Palma d'Oro appare quanto mai incerta. Oggi, per esempio, è A History of Violence di David Cronenberg ad essere favorito. Ma non vanno dimenticati anche Last Days di Gus Van Sant e, all'ultim'ora, potrebbero entrare in gioco, nella lista degli ipotetici vincitori, anche Free Zone di Amos Gitai, Don't Come Knocking di Wim Wenders e Three Times di Hou Hsiao-hsien. Il film del regista taiwanese deve essere ancora presentato, però c'è da fare una considerazione in quanto il suo cinema è molto amato in Francia e a Cannes, ma sulla Croisette ha vinto soltanto un premio della giuria nel 1993 per Il maestro burattinaio.

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Nel frattempo ieri la parata di star ha visto protagonisti i fratelli Dardenne per L'enfant, Charles Aznavour e Gérard Darmon per Emmenez-moi, Daniel Auteil, Sabine Azema, Sergi Lopez, Amira Casar e i fratelli Larrieu per Peindre ou faire l'amour (che per "Le Parisien" è addirittura un film da Palma d'oro).Sono poi apparsi Emmanuelle Béart, Elodie Bouchez e due ospiti d'eccezione: i campioni brasiliani Pelé e Gilberto Gil.


Per La "Semaine de la Critique" è stato presentato Mang Zhong (Grain In Ear), una co-produzione tra Cina e Corea diretta da Zhang Lu, cineasta che prima di avvicinarsi al cinema aveva scritto diversi romanzi e che ha esordito nel lungometraggio con Tang Poetry nel 2003. Il film vede protagonista Cui Ju, una ragazza di 32 anni di origine coreana che alleva da solo il figlio piccolo. Per tirare avanti, vende del cibo, con una bicicletta trasformata in furgoncino. Però non possiede la licenza per l'attività commerciale. Inoltre la giovane donna ha una relazione clandestina con un uomo sposato. Zhang Lu cerca di rappresentare quel senso di disorientamento della protagonista, che coincide anche con la lontananza delle proprie origini coreane in un'opera in cui Zhang Lu insiste nel replicare certe inquadrature come il tratto di strada in cui Cui Ju vende il cibo oppure l'immagine della casa con la stanza dove vive con il bambino. Lo scopo è in parte riuscito. Se da una parte infatti, Zhang Lu attraverso questo accumulo di piani "ripetuti" riesce a far esplodere la tragedia, dall'altra parte però si sente il peso di una scrittura quasi letteraria dove si ha l'impressione che lo sguardo del regista debba mostrare le reazioni dei personaggi facendoli parlare per poter spiegare il loro comportamento (la moglie dell'uomo sposato che denuncia Cui Ju per prostituzione) non affidandosi magari all'espressione di un volto, a uno stacco di montaggio che possa rivelare un cambiamento. Soltanto la scena della morte del figlio appare davvero cinematografica, quasi che Zhang Lu abbia deciso di mostrare l'effetto di un destino drammatico.

Film di amore e morte è invece Odete (Quinzaine des réalisateurs) di João Pedro Rodrigues, cineasta portoghese che creò scandalo alla Mostra di Venezia del 2000 per O fantasma. Il titolo prende il nome dalla protagonista, una ragazza che lavora in un ipermercato di Lisbona e che sogna di avere un figlio con il suo fidanzato. La sua vicenda si incrocia con quella di Pedro e Rui. I due ragazzi sono felicemente fidanzati, ma il primo perde la vita dopo un incidente d'auto. Rui si sente perduto. Odete invece va in crisi dopo essere stata lasciata da Alberto. La ragazza abita nello stesso stabile di Pedro e a quel punto si convince, per il suo desiderio di maternità, di essere stata messa incinta dal giovane deceduto. Come O fantasma, anche Odete è un film notturno, dove i volti appaiono ancora come spettri dall'oscurità. Rispetto all'opera precedente però Rodrigues disperde quella fisicità per disegnare una propria strategia del melodramma tanto sensazionalista quanto incloncudente. Il cineasta portoghese ama le scene madri ma guarda sempre al cinema di Douglas Sirk (nel finale si vede addirittura il poster di Il trapezio della vita), oppure mostra il finale con Audrey Hepburn sotto la pioggia di Colazione da Tiffany sulle note di Moon River di Henry Mancini. Rodrigues però non è Fassbinder, crea un cinema della simulazione del genere come nella scena di Odete che si stende sulla tomba di Pedro o di Rui che si taglia lì le vene, e lo spaccia per proprio. Forse è questa la cosa che irrita di più. Il dolore, quello vero, resta a distanza e personaggi potenzialmente vivi, disperati, come Odete e Rui ci vengono poi tenuti a distanza perché lo sguardo invadente di Rodrigues arriva sempre prima di loro.  

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