"C’era una volta in America (Director’s Cut)", di Sergio Leone
Adattando The Hoods di Harry Grey, storia di gangster newyorkesi ai tempi del proibizionismo, Sergio Leone filma la “sua” vita. Ossia la “magnifica ossessione” di uno spettatore cinematografico
Ecco, è esattamente questo magma simbolico che ancora oggi stupisce e travolge del film: adattando un romanzo autobiografico di Harry Grey – The Hoods (1952), storia di una piccola gang newyorkese ai tempi del proibizionismo – il regista italiano filma la “sua” vita, ossia la magnifica ossessione eternamente fanciulla dell’essere spettatore. Lo sguardo dell’europeo Leone è fatalmente al di qua rispetto all’America e ai suoi miti, ma la sua passione viscerale produce sublimi riscritture erette solo su mura di celluloide: il trionfo del profilmico, degli enormi set/mondo, della musica/tempo di Ennio Morricone e dei generi cinematografici che partoriscono la vita solo nei primi piani insistiti degli attori.
Il Noodles di Robert De Niro è in fondo un eterno spettatore cinematografico che continua a guardare l’amata Deborah ballare: da ragazzo, attraverso la famosa fessura nel bagno mentre lei danza tra la farina; o da anziano, mentre lei recita Cleopatra in un teatro di pesanti maschere (in quella che forse è la più bella e commovente scena reintegrata in questa versione lunga di 4 ore e 20 minuti). Noodles, il gangster tradito che guarda e sogna, si trova improvvisamente in un teatro delle ombre (la materia prima dei cinema) e diventa finalmente un regista. Stordito dall’oppio scrive e produce una sua storia, una sua versione dei fatti, probabilmente irreale ma pura e autentica sentimentalmente. Da questo punto di vista C’era una volta in America è evidentemente il testamento artistico e umano di Sergio Leone. Perché nelle pieghe del gangster movie e del Mito americano, dei tradimenti e delle rapine a mano armata, balena con sempre più nitidezza lo sguardo affettuoso di un regista che sogna ancora tra le ombre. E poi sorride, sornione, sui titoli di coda del suo ultimo film/giocattolo. Rivedere oggi C’era una volta in America, con le sue scene reintegrate che hanno sofferto un po’ gli anni di isolamento – gli encomiabili sforzi di restauro non possono espungere quella “bellissima” opacità della vecchia pellicola ritrovata – fa pensare che l’unica risposta possibile alla tanto sbandierata morte del cinema nel XXI secolo risiede proprio in questa ostinata sincerità con cui si restituisce il proprio sguardo sul mondo: “in galera dovevi non pensarci che fuori c’era il mondo, dovevi dimenticare per non impazzire. Ma due cose non riuscivo a togliermi dalla mente: la prima era Dominik quando prima di morire mi disse sono scivolato. E l’altra eri tu. Tu che mi leggevi il cantico dei cantici, ricordi? Nessuno t’amerà mai come t’ho amato io”.
Il poeta e romanziere Stefano Falotico videorecensisce il capolavoro assoluto di Sergio Leone: http://www.youtube.com/watch?v=wwSyXspJOQo