Civil War chiama, il pubblico (americano) risponde

Il film di Garland conferma il primo posto al box office statunitense. Un buonissimo risultato al di là delle considerevoli differenze tra incassi oltreoceano e internazionali

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È il titolo del momento, quello di cui tutti parlano. Civil War, quarto (e forse ultimo) film da regista di Alex Garland, è ormai da qualche giorno in tutte le sale italiane, uscito a una settimana di distanza dal rilascio statunitense, dopo l’anteprima mondiale al South by Southwest del 14 marzo. A lungo ci si è domandati su come avrebbe performato quello che, com’è ormai noto a tutti gli appassionati del settore, è il progetto più costoso di A24 – casa di produzione che negli ultimi anni si è più volte segnalata per la pregevole fattura di pellicole a basso budget. E ad oggi, stando ai risultati riportati su diversi portali di informazione, il risultato è da considerarsi decisamente positivo.

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Dopo il debutto da record del primo weekend, con un incasso in patria pari a 25,7 milioni (il più alto mai registrato da un film A24), il film del cineasta britannico ha infatti aggiunto altri 11 milioni nel corso del secondo fine settimana, calando di un buon 56% (dato nella norma), ma confermandosi al primo posto del box office statunitense – anche se insidiato dal nuovo horror dei Radio Silence Abigail. E se a questi numeri sommiamo anche i guadagni ottenuti nel periodo infrasettimanale, arriviamo a circa 45 milioni, dunque a pochi passi dal pareggio del budget di produzione (50 milioni di dollari).

Civil War chiama e il pubblico risponde dunque. Almeno sul fronte americano.
Sì perché se i guadagni oltreoceano denotano un certo interesse nei confronti della distopia scritta e diretta dal regista di Ex Machina, anche e forse soprattutto considerata la collocazione geografica della guerra civile immaginata dall’autore, sarebbe scorretto non evidenziare che, a livello internazionale, il film ha per ora incassato 4 milioni di dollari – tra cui i 642mila euro ottenuti in Italia, dove nei primi giorni di programmazione si è collocato al secondo posto dietro a Back to Black – segnando una differenza piuttosto netta con quello che abbiamo visto essere il riscontro negli Stati Uniti.

Per capire fin dove la pellicola possa spingersi non possiamo che attendere di capire che tipo di tenitura sarà in grado di registrare nel corso delle prossime settimane. Soprattutto in relazione a un passaparola che, come spesso accade, potrebbe risultare decisivo per “gonfiare” i box office internazionali. A onor del vero però, appurato il carattere autoriale di un film che, più che un blockbuster, è di fatto l’ennesimo esperimento teorico di un regista che certo non è abituato a parlare al grande pubblico, il superamento ormai acclarato di un comunque corposo budget di partenza e i due primi posti conquistati per il momento sul mercato USA, possono senz’altro essere fotografati da A24 e analisti come una buonissima risposta – tutt’altro che scontata – alla stimolazione intellettuale del solito Alex Garland.
Con la speranza che la soglia dei 50 milioni sia solo l’inizio di una lunga e proficua cavalcata.

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