"Fellini mi ha insegnato a guardare le cose che si vedono e quelle che non si vedono". Intervista doppia a Eugenio Cappuccio e Cristiana Capotondi su "Volevo solo dormirle addosso"

Quando il lavoro entra al cinema. Questo piccolo film che ha attirato l'attenzione all'ultima Mostra di Venezia di stampa e pubblico, ancora nelle sale, è da annoverare nell'esiguo elenco dei pochi film sul mondo lavorativo. Ce ne parlano Eugenio Cappuccio, il regista, e Cristiana Capotondi, l'attrice protagonista

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Quando il lavoro entra al cinema. Volevo solo dormirle addosso, piccolo film che ha attirato l'attenzione all'ultima Mostra di Venezia di stampa e pubblico, ancora nelle sale, è da annoverare nell'esiguo elenco dei pochi film sul mondo lavorativo. Eugenio Cappuccio, il regista, e Cristiana Capotondi, l'attrice protagonista, si sono fatti intervistare da Sentieri Selvaggi.

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Come è stato sentito registicamente il passaggio dalla commedia (i precedenti lungometraggi Il caricatore e La vita è una sola) ad un film drammatico e geometrico come questo, anche se ironia e grottesco affiorano comunque?



Cappuccio: I primi due lungometraggi erano opere eterogenee e visceralmente autobiografiche, realizzate con amici, dove si giocava su dei "poveracci" che filmavano sé stessi, ci trovavamo infatti sia dietro che davanti la mdp. Questo, invece, è il frutto di una scelta individuale, che mi chiedeva di focalizzarmi su un personaggio, il manager Marco Pressi, interpretato da Giorgio Pasotti, che non aveva niente a che fare con me. Inoltre si tratta di un film veramente indipendente, realizzato senza sostegni televisivi, come ormai raramente accade in Italia, costato 2.400.00 euro in fondo di garanzia, che nel settore è una piccola cifra, anche se a me sembra comunque un'enormità.



Ci parli un po' della realizzazione del film e della scelta del tema, ovvero il mobbing?



Cappuccio: E' stata lunga e laboriosa. Il lavoro mi è stato proposto nel lontano 2000, quando la new-economy pompava a meraviglia, ed è stato partorito 4 anni dopo quando era divenuta attuale la sua crisi. La fortuna poi che un film senza distribuzione come questo finisse carpito dallo sguardo di Marco Muller e fosse selezionato per la Mostra di Venezia, acquistando vita artistica e commerciale è stato un caso. Per quel che riguarda il tema credo che in realtà la pellicola più che del mobbing parli dell'auto-mobbing, quello che s'infligge, ben prima del finale, Pasotti stesso.



Anche la sceneggiatura utilizzata è stata un'esperienza insolita…



Cappuccio: Effettivamente sì. Massimo Lolli, manager e autore del libro che ha dato il titolo al film, ha scritto un diario spietato, duro e coraggioso del ristrutturatore di aziende, di network mi piace specificare, e l'idea di trarne una sceneggiatura ha fatto emergere il mio vero stile, secco, che un pò latitava nelle opere precedenti.



Ha pensato ad un uso mucciniano o ferrariano del protagonista Giorgio Pasotti quando l'ha scelto oppure no?



Cappuccio: Assolutamente no. Anche perché l'ho provinato alcuni anni fa quando era poco conosciuto sia cinematograficamente che televisivamente e mi ha colpito per la nudezza recitativa che sapeva esprimere e quella è rimasta la qualità che me lo ha fatto scegliere.


Pur se antitetico, il cinema di Fellini, del quale è stato assistente alla regia sul set di Ginger e Fred e al quale ha dedicato nel 1990 il documentario Verso la luna, le ha insegnato qualcosa che ha trasfuso in questo film?



Cappuccio: Per avvicinarmi a Fellini, io che sono di Latina, ho seguito un percorso piuttosto anomalo. E' stato a Rimini, dove ho vissuto 11 anni frequentando medie e liceo classico, con un padre dirigente del commissariato, che è iniziato tutto. Mia madre era, infatti, amica della sorella Maddalena e questo mi ha permesso di andare a Roma a lavorare col fratello e incamerare un'esperienza artistica naturalmente straordinaria. Di Fellini mi è rimasto l'insegnamento di avere uno sguardo sulle cose che si vedono ma anche su quelle che non si vedono e un'amicizia che ha lasciato un segno altrettanto profondo.



Progetti futuri?



Cappuccio: Per ora attendo il risultato finale dei botteghini, e in base a quello spero di alzare la cornetta e sentire al telefono la voce di un produttore che mi proponga qualcosa d'interessante.



Cristiana, dopo gli esordi vanzianiani Vacanze di Natale 95 e S.P.Q.R. ti auguravi, ancora ragazzina di fare presto cinema impegnato… questo film e la sua presentazione a Venezia sembrano aver esaudito i tuoi desideri?



Capotondi: Per me è stata un'esperienza importante prima di tutto perché sono riuscita a emanciparmi dall'eterna 17enne che ha segnato, tutte le mie esperienze tv e cinematografiche di questi 10 anni, interpretando qui quella che è quasi una 30enne. Inoltre mi ha permesso di calarmi in un personaggio distante anni luce da quello che sono: una trasteverina espansiva che quando s'infervora usa il romanesco si è dovuta trasformare in una milanese fredda e controllata, ha dovuto imparare una dizione così diversa, recitare con un look che non le apparteneva e abbandonare i ritmi molto più serrati e talvolta stranianti della tv.



Cosa ci racconti delle passate esperienze tv con due grandi come Proietti e Banfi?



Capotondi: Proietti è un maestro nell'insegnare come stare in scena, ma mi spaventava la sua assoluta serietà e dedizione sul lavoro, nonostante fosse gentilissimo, e spesso passavo da momenti di fiducia nelle mie capacità ad altri in cui credevo di valere ben poco come attrice. Lino è una persona estremamente sensibile, alla quale sono molto legata anche perché sono diventata, dopo esperienze comuni sul set, amica di famiglia.



Eri al corrente che Danny De Vito vorrebbe fare un remake Usa di Christmas in love, il film di Natale con Boldi e De Sica al quale hai partecipato e che il tuo ruolo andrebbe a Scarlett Johansson?



Capotondi: No, ma non può che farmi piacere sapere che, forse, una così giovane ma già così dotata attrice possa riprendere un mio personaggio.



Hugh Grant e Jack Nicholson si vocifera che interpreterebbe i ruoli di Boldi e De Sica…



Capotondi: Beh, dovrò essere assolutamente sul set come 'madrina' in questo caso!

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