GERMANIA 2006 – Horror all'italiana

Il patto tra cinema e spettatori, che consente alla realtà di rimanere sospesa nel corso della proiezione, è valido anche durante le "Notti Mondiali"?

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Secondo uno dei più scontati cliché del cinema horror, giunge sempre nel corso della narrazione un momento di distensione in cui i protagonisti – dopo aver assistito a misteriosi ed inspiegabili fenomeni – siedono tranquillamente, radunati in momenti conviviali in cui l'ansia sembra sciogliersi per qualche momento. Non è raro che in quelle sequenze il nervosismo latente si manifesti in istanti di pura ilarità: è la tipica calma che precede la tempesta. In sala, gli spettatori sanno perfettamente che, da un momento all'altro, qualcosa di terribile accadrà. Se, dal comodo delle loro poltrone, potessero lucidamente estraniarsi dalla finzione cinematografica, essi realizzerebbero che anche gli attori sanno perfettamente cosa sta per capitare loro: certo, hanno letto il copione. Solo i personaggi, creature immateriali che, nonostante la loro incorporeità, catalizzano i sentimenti di chi guarda, "sono" ignari della disgrazia che sta per cadere loro addosso.
Questa è una delle meraviglie e dei tanti misteri del cinema, una convenzione psicologica banale e al contempo potente su cui esso si fonda: lo spettatore sospende per tutta la durata della proiezione la corretta valutazione del tempo e dello spazio, quindi della realtà, abbandonandosi appunto a quegli schemi che rendono possibile ad un regista raccontare una vita in due sole ore, attraversare i muri con la cinepresa oppure far volare i protagonisti. Poter credere, voler credere, che i personaggi siano entità terze rispetto ad attore e spettatore.

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Sul canale nazionale, terminata una noiosa Olanda-Argentina in cui tutto è già deciso tranne chi avrà il coraggio di affrontare il Portogallo agli ottavi, le mazzocchiane "Notti Mondiali" ricreano inconsciamente le condizioni del tipico film horror. Il conduttore, Collovati, Tombolini e gli altri discorrono amabilmente, il sorriso sempre pronto ad affacciarsi su volti abbronzati. Qualcuno fa una battuta su un abbraccio vissuto come troppo caloroso tra due giocatori. Da una terrazza tedesca con romantica vista panoramica, Fabrizio Failla e Sandro Mazzola fantasticano in diretta su quale modulo Lippi starà rimuginando nella vigilia: tutto sulle note di un accompagnamento da piano bar.
Chi sono, tutti costoro, se non gli sventurati ragazzi che finiscono, loro malgrado, nella Casa di Sam Raimi? Cosa accadrà quando, tra pochi giorni, uno di loro leggerà le pagine del Libro dei Morti che il Demonio in persona, cioè Francesco Saverio Borrelli, ha scritto? Gli spettatori – anzi, i telespettatori – lo sanno benissimo; anche Mazzocchi, Failla e gli altri lo sanno bene; ma i personaggi che sono condannati ad interpretare devono fingere, ogni sera, che il Demonio non sia lì, sotto il pavimento, dentro le pareti, dietro la porta chiusa, pronto a massacrarli. Sospendere la corretta valutazione della realtà, fuori dal cinema, è davvero possibile?

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