Il caso La vita di Adele

L’associazione francese di estrema destra ultra cattolica Promovoir, rappresentata dal suo portavoce, l’avvocato André Bonnet, ha chiesto e ottenuto il ritiro del visto censura per il Leone D’Oro 2013

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Dopo Love di Gaspar Noé, Saw 3D di Kevin Greutert, Nymphomaniac di Lars von Trier e 50 sfumature di grigio di Sam Taylor Johnson, la censura francese si è abbattuta sul film vincitore della Palma D’Oro a Cannes 2013, La vita di Adele, il film del regista tunisino Abdellatif Kechiche, tratto dalla graphic novel di Julie Maroh Blue is the warmest color, che segue l’innamoramento e la crisi tra due giovani donne, interpretate da Adèle Exarchopoulos e Léa Seydoux.

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Secondo l’avvocato di Marsiglia André Bonnet, portavoce dell’associazione Promovoir, che ha richiesto e ottenuto dal giudice amministrativo di secondo grado di Parigi il ritiro del “visto censura”, tale istanza censoria è giustificata dalla seguente motivazione: “per quindici anni registi senza scrupoli hanno tentato di reintrodurre la pornografia nei canali di distribuzione tradizionali (…) Troppo spesso questo cinema ha lo scopo dichiarato di partecipare alla distruzione di strutture sociali e familiari, in nome di un libertarismo senza scrupoli. Quindi se un regista decide di utilizzare tali linguaggi, deve sapere che solo i maggiorenni saranno autorizzati a vedere il suo film” (Allocine).

Come scrive Sabina Ambrogi per L’Espresso, il tribunale avrebbe deviato i precedenti livelli imposti di censura, che fino a quest’anno limitava la visione ai minori di 12 anni, offrendo come giustificazione il fatto che il film contenesse “diverse scene di sesso presentate in modo realistico e in primo piano, tali da urtare la sensibilità di un giovane pubblico.

Resta il fatto che la Promouvoir è un’associazione cattolica di estrema destra, ed il suo portavoce Andrè Bonnet (che dichiara di voler difendere i “valori giudaico cristiani”) è anch’esso un militante di estrema destra. Nonostante ciò, le dubbie origini dei censori non hanno frenato prima i giudici di Parigi, poi la Ministra della cultura Fleur Pellerin ad accettare le istanze della Promouvoir. Sempre da quanto riporta Sabina Ambrogi dell’Espresso, a tale operazione oscurantista ha risposto con sdegno Claude Lelouch, presidente della ARP (società civile degli autori, registi e produttori) che ha dichiarato: “I cineasti dell’ARP sono stupiti della decisione del Tribunale Amministrativo di Parigi che ha dato ragione agli argomenti vergognosi di un’associazione decisamente oscurantista. A quanto pare l’oltraggio al pudore è tornato  nella nostra società contemporanea”.

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