Il giorno e la notte. Incontro con Daniele Vicari e Gherardo Gossi

Il regista e il direttore della fotografia hanno raccontato al pubblico del 21° Glocal Film Festival di Torino l’esperienza di girare un film “da remoto” durante il lockdown del 2020

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All’interno dell’omaggio che il 21° Glocal Film Festival di Torino ha dedicato a Gherardo Gossi, direttore della fotografia con oltre sessanta crediti in filmografia, ha avuto luogo la masterclass di sabato 12 marzo sulla realizzazione di Il giorno e la notte durante il lockdown della primavera 2020, alla presenza dell’ospite d’onore e del regista della pellicola (suo amico e collaboratore storico) Daniele Vicari.

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Il giorno e la notte racconta le storie di alcuni personaggi, dislocati in varie zone di Roma, durante una giornata di isolamento a causa di un attacco chimico da parte di una non meglio specificata potenza straniera. Fra i protagonisti Vinicio Marchioni e Isabella Ragonese. Un lavoro scritto in sole due settimane e girato completamente a distanza, tramite Zoom, in cui gli attori si sono improvvisati operatori e hanno realizzato in autonomia le riprese con telefoni forniti dalla produzione.

«L’idea nasceva dalla sensazione di impossibilità, il senso di impotenza che tutti in quel momento stavamo provando», comincia Vicari. Lo segue Gossi, il quale spiega: «Appena abbiamo deciso di fare un film in questo modo, ci siamo interrogati sugli strumenti». Un’approfondita ricerca su quali fossero i cellulari, le applicazioni e i microfoni più adatti a questa delicata situazione. «Un’indagine sulla tecnologia», la chiamano i due relatori. Perché è sempre importante individuare il processo prima di mettersi a lavorare, se si vuole ottenere un risultato professionale soddisfacente.

Dal punto di vista organizzativo, racconta Vicari, «è stata costituita una casa di produzione ad hoc, non molto diversa dalle cooperative cinematografiche degli anni settanta». Per quanto riguarda la resa visiva, aggiunge il DoP, «abbiamo dovuto acquistare delle lenti addizionali per bypassare gli automatismi di messa a fuoco ed esposizione alla luce che caratterizzano gli smartphone». Quindi non ci si è limitati a prendere i telefoni in mano e girare, ma si è resa necessaria una preparazione dettagliata dei mezzi e della loro messa a punto. Una sfida simile a quella che Steven Soderbergh affrontò durante la progettazione di Unsane. Con, in più, il limite di non poter riprendere dal vivo.

«La difficoltà maggiore per un direttore della fotografia che non può fare sopralluoghi in presenza – sostiene Gossi – è stabilire le fonti luminose e soprattutto il movimento del sole». Lui che sulla logica spaziale della luce ci ha costruito una carriera, più esecutore che autore, ma sempre capace di far sentire il suo carattere sul set. «Da questa esperienza ho imparato che la regia è una tecnica composta da funzioni che bisogna essere in grado di devolvere», riflette a questo punto Vicari. Il giorno e la notte, infatti, è firmato dal cineasta ma anche dalle altre persone che hanno partecipato.

E l’esperienza si è rivelata arricchente anche sul piano umano. «Paradossalmente, non avevo mai avuto – conclude Gossi – un rapporto così intimo con i collaboratori di un film». Per un estenuante numero di ore giornaliere, tutti hanno potuto buttare un occhio nella casa di tutti, partecipare alla routine degli altri, organizzare il proprio e l’altrui tempo. «Per fare un esempio – interviene il regista – le costumiste, e noi con loro, hanno ficcato il naso negli armadi degli attori per trovare i vestiti giusti per i personaggi». Un viaggio ai confini del cinema dal quale, in un modo o in un altro, sia il film riuscito o meno, emergono alcune palpabili tensioni di un delicato momento delle nostre vite.

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