Il grande volo. Richard Donner, il cinema sopra il cielo

Si è spento ieri a 91 anni il cineasta di Superman e Arma letale. Ne ripercorriamo la carriera dagli inizi in tv ai successi degli anni ’80 scoprendo anche i film più personali.

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C’è un legame emotivo con il cinema di Richard Donner. Innanzitutto per motivi anagrafici. Ci ha spaventato con l’Anticristo nel corpo di un bambino in Il presagio (1976) ma ci ha fatto anche volare con Christopher Reeve nei primi due Superman (1978-1980). Ci ha trascinato dentro il Medioevo illuminato da Storaro con Ladyhawke (1985), una fiaba fantastica che è anche uno dei suoi film più belli con Michelle Pfeiffer che sembra arrivare dall’aldilà e nella ricerca di un tesoro nascosto assieme a un gruppo di ragazzini in uno dei film stanno segnando maggiormente oggi l’immaginario nostalgico del cinema degli anni ’80 come I Goonies (1985). In più ha dimostrato che il poliziesco può convivere con il ritmo di una folle ed esaltata commedia – evidente negli occhi spiritati di Martin/Mel Gibson vs. la ‘normalità’ di Roger/Danny Glover – in Arma letale (1987) che sbanca il box office con oltre 120 milioni di dollari su un budget di 15 a avrà tre seguiti di cui l’ultimo 11 anni dopo, nel 1998, a dimostrazione che quella formula, nel cinema statunitense della fine del decennio scorso, poteva funzionare a lungo.

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Richard Donner è morto ieri a Los Angeles a 91 anni. Nella nostra testa è uno di quei registi che non hanno mai avuto un’età definita, forse perché abbiamo pensato che potevano essere giovani per sempre. Come Steven Spielberg e Chris Columbus, curiosamente gli altri due ‘padri’ (il primo produttore esecutivo e autore del soggetto, l’altro sceneggiatore) di I Goonies. Si è fatto le ossa con la tv già dalla fine degli anni ’50 passando da Ricercato vivo o morto (1960-61) con Steve McQueen ad Ai confini della realtà (1963-64) da Perry Mason (1964-65) e Get Smart  – Un detective tutto da ridere fino a Il fuggiasco (1966) e Selvaggio West (1966). E nel decennio successivo lascia comunque la sua impronta anche in Cannon (1971-73), Il tenente Kojak (1973-74) e Le strade di San Francisco (1974). Per Donner questa fase rappresenta una fondamentale palestra. Impara ad avere a che fare con i tempi televisivi, a gestire le star e soprattutto a confrontarsi con quei generi che poi segneranno il suo cinema. Il regista si è spacciato umilmente come semplice esecutore; non ha infatti mai scritto una sceneggiatura di un suo film. In realtà è uno dei cineasti che, negli ultimi 50 anni, ha saputo fare meglio lavoro di squadra.

Il suo primo film l’ha diretto nel 1961, Il leggendario X-15, un dramma militaresco con Chrles Bronson che sarà poi anche il protagonista di Twinky (1970), un film sulla libertà anticonformista post ’68, nei panni di uno scrittore di mezza età che sposa un’adolescente ma presto entrambi capiranno di non essere fatti per stare insieme. All’inizio il suo cinema è ancora alla ricerca di un’identità e un assestamento. Con Il presagio poi tutto cambia. Col tempo è uno degli horror che hanno segnato maggiormente i Seventies assieme a L’esorcista. In più Donner ha sempre privilegiato il mestiere. Forse per questo nel suo cinema difficilmente si trova un’inquadratura di troppo o una lungaggine di carattere narrativo. Anzi, forse negli esiti meno riusciti, poteva apparire più anonimo come nel caso di Giocattolo a ore (1982), remake del francese Professione…giocattolo (1976) di Francis Veber, della commedia-western Maverick (1994) troppo debitrice della serie tv degli anni ’50 e del fiacco noir Assassins (1995) con Sylvester Stallone dove non è riuscito a districarsi in uno script in cui era evidente l’incompatibilità tra Helgeland e gli ‘allora’ fratelli Wachowski. In alcuni casi invece esegue con correttezza ma senza slancio i compiti che gli assegna il produttore Joel Silver come nel caso di Ipotesi di complotto (1997) con l’accoppiata Mel Gibson-Julia Roberts. Nella sua filmografia però ci sono anche i film più nascosti e personali, a partire da S.O.S. Fantasmi (1988) dove il Cantico di Natale di Dickens si incrocia con i cinici e spietati meccanismi della tv a Il grande volo (1994), intelligente escursione nell’universo infantile tra la dura realtà (due fratellini maltrattati dal patrigno) e la dimensione fantastica fino all’impazzita e scoppiettante macchina del tempo di Timeline (2003).

Il congedo è in uno dei polizieschi più belli del primo decennio degli anni Duemila, Solo 2 ore (2006), thriller urbano che ha compatezza di un Don Siegel dove il tempo cinematografico scorre parallelamente a quello reale. C’è la paura, la tensione, la sfida nel volto di Bruce Willis nei panni di un detective che deve scortare un supertestimone e farlo arrivare sano e salvo in tribunale. E nello stesso anno esce Superman II – The Richard Donner Cut. È il film come lo voleva il regista, prima che venisse estromesso dal progetto con la regia affidata a Richard Lester. e di cui aveva già girato molte sequenze. Poteva essere un’altra storia. E far svoltare in un’altra direzione la carriera del registacosì come una parte del percorso dei cinecomics. Ma è andata benissimo così. Donner è stato uno dei casi più limpidi di perfetto equilibrio tra produzione (Joel Silver), scrittura, regia. Nel suo caso la parola autorialità va sostituita con paternità. Perché i suoi film hanno più genitori. Anzi sono proprio una famiglia. E in tutti c’è il cielo. A volte, limpido, a volte oscuro, a volte magico come quello di Ladyhawke. Lo stesso cielo che si vede anche dalla strada degli Arma letale o Solo 2 ore. Si, a volte anche il cinema più solido può staccarsi da terra e mettersi a volare.

 

La nostra top 5

 

Solo 2 ore (2006)

 

Arma letale (1987)

 

Ladyhawke (1985)

 

I Goonies (1985)

 

S.O.S. Fantasmi (1988)

 

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