KARLOVY VARY 43 – De Niro, il noir danese e la contessa Bathory

terribly-happyAll’International Film Festival, inaugurato venerdì sera da What Just Happened, la commedia dentro Hollywood con Robert De Niro, prima guest star del festival diretto da Eva Zaoralova, arrivano i film in competizione: Frygtelig Lykkelig (Terribly Happy) di Henrik Ruben Genz e Bathory, la costosa co-produzione europea in lingua inglese di Juraj Jakubisko

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terribly-happyLa strada che dall’aeroporto di Praga porta a Karlovy Vary è già cinema. Cielo basso, campagna, nuvole dense, spazio western in cui si incastrano piccoli centri abitati. Un film di un paio d’ore, ad andatura differente, velocelenta lungo una statale spesso stretta che si insinua e respira nei luoghi che incontra. L’arrivo a Karlovy Vary è sempre sorprendente e affascinante, primo incontro di cinema nell’avvicinamento alla cittadina termale ceca sede da 43 anni dell’International Film Festival, inaugurato venerdì sera da What Just Happened, la commedia dentro Hollywood con Robert De Niro, prima guest star del festival diretto da Eva Zaoralova. L’attore, che ha ricevuto il Crystal Globe per la sua carriera, e la cui presenza ha letteralmente paralizzato la circolazione nei dintorni dell’hotel, ha presenziato anche alla proiezione, sabato sera, di New York New York di Martin Scorsese, inserita nella sezione New Hollywood II (che ha tra i suoi titoli, accanto a opere di Mazursky, Friedkin, Ashby, Altman, Penn, anche il raro Pretty Poison di Noel Black, il dramma psicologico attraversato da elementi di black comedy opera prima del regista di Chicago interpretata da Anthony Hopkins e Tuesday Weld).

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Tra i primi film in competizione, l’italiano Il mattino ha l’oro in bocca di Francesco Patierno e il danese in prima mondiale Frygtelig Lykkelig (Terribly Happy) di Henrik Ruben Genz. Già in concorso al festival con Kinamand (2005), Genz torna a Karlovy Vary con un film che esprime la propria deriva narrativa e le situazioni estreme nelle quali si trovano coinvolti i personaggi attraverso una composizione visuale compatta e classica, pur venata di quel gusto post -moderno con il quale ri-scrivere i generi forti come il poliziesco. Cinema della contaminazione, che non può non far venire in mente i fratelli Coen, ma sobrio e avvolto in inquadrature dipinte da movimenti di macchina morbidi e sensuali. Per raccontare, senza lieto fine, almeno non nel suo senso convenzionale, l’incubo in cui sprofonda un giovane poliziotto (Jacob Cedergren, già protagonista di Dark Horse dell’islandese Dagur Karí) spedito per punizione in un villaggio sperduto nel nulla, una cittadina circondata dai campi, dal fango, da un lago, e abitata da un gruppo di personaggi che, come il luogo, nascondono un bel po’ di misteri. Atmosfera che il bel poliziotto Robert non tarderà a patire e lentamente a penetrare, fino a rimanerne, tra ricatti e desiderio inespresso, imbrigliato. Poliziesco dell’anima, western e noir con sprazzi di horror, Frygtelig Lykkelig si inserisce in una filmografia nordica che gioca con precisione con i generi, come Myrin (Jar City) dell’islandese Baltasar Kormákur, che vinse il festival l’anno scorso.

bathoryIn prima mondiale, in questo primo weekend di festival dal clima ideale, anche Bathory, la costosa co-produzione europea in lingua inglese con la quale Juraj Jakubisko si ripresenta al cinema, quattro anni dopo Post Coitum. Il settantenne regista slovacco, che ha scritto pagine importanti del cinema cecoslovacco negli anni Sessanta e Settanta, ha realizzato un ambizioso affresco storico dell’Europa centrale del sedicesimo secolo, quando la Slovacchia stava combattendo una dura battaglia contro i turchi che cercavano di penetrare attraverso l’Ungheria nel cuore dell’Europa cristiana. E il ritratto dell’orgogliosa, bellissima e spietata contessa Erzsebeth Bathory, ovvero colei che la leggenda ricorda come sanguinaria assassina di vergini nel cui sangue faceva il bagno per preservare la sua giovinezza. Ma Bathory, finanziato da Repubblica Slovacca, Ceca, Gran Bretagna e Ungheria, dal cast altrettanto internazionale (c’è anche Franco Nero), non è nient’altro che sfarzo di mezzi per una finzione esasperata, violenta e crudele, erotica e paesaggistica, espressione di un cinema colmo di tutti gli stereotipi di quella serialità che dietro le belle immagini nasconde il vuoto abissale.

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