La mia classe, di Daniele Gaglianone

La mia classe Daniele gaglianoneDentro e fuori il confine ormai superato tra fiction e documentario, il film di Gaglianone è un viaggio di andata e ritorno tra le due anime che da sempre caratterizzano l’immagine cinematografica. E alla fine non riusciamo più a distinguere dove Shadi, Issa e gli altri sono ripresi “documentaristicamente” e dove, invece, sono parte del film di fiction. Il mondo è entrato nel film e il film è uscito nel mondo…

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La mia classe Daniele gaglianone“Se mi rimandano nel mio paese, io mi faccio morto da solo”

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Issa, uno dei protagonisti de “La mia classe”

 

Mentre  l’Occidente, tra una crisi e l’altra, sembra sempre più impaludato nella definizione/indefinizione del concetto (e delle pratiche e dei diritti) della privacy, dal diritto all’oblio, fino a quello di non essere spiato dai governi, dagli amanti traditi (illuminante The Canyons di Paul Schrader) ecc…. quelli che aspirano a “diventare occidentali”, uomini e donne “dell’altro mondo” che rischiano la vita per arrivare nei nostri opulenti Paesi, non si pongono certo il problema, preoccupati più che altro del diritto, per usare le parole di Daniele Gaglianone, “di esistere anche solo in quanto corpi”.  Corpi che rivendicano il loro diritto a scegliere una vita diversa, passando per quel confine non segnato sulla terra, ma sulle nostre labbra, dato dalla lingua.

Bassirou, Mamon, Gregorio, Jessica, Metin, Pedro, Ahmet, Benabdallha, Shadi, Easther, Lyudmyla, Moussa, Issa, Nazim, Mahbobeh, Remzi, i protagonisti del film di Gaglianone, sono tutti dei veri studenti di italiano, coinvolti nella storia di questo insegnante, interpretato e direi vissuto da Valerio Mastandrea, che è entusiasta del suo lavoro quanto restio a parlare di se e a mostrare al mondo i suoi dolori personali. Gode invece a sentire le storie di questi “aspiranti italiani”, con i loro accenti diversi, i loro drammi diversi, mentre le lacrime sembrano così simili…

 

Ma se oggi fare un film è “un atto di liberazione”, non è più possibile fingere, ma neppure, semplicemente, documentare. L’atto del riprendere è già di per se una finzione (con tutti quei microfoni attaccati ai corpi dei protagonisti), mentre la realtà sembra esplodere dagli occhi pieni di dolore degli allievi della classe.  Ed ecco che il film, che  è fatto con corpi “veri” e non fantastici replicanti da palcoscenico, a un certo punto, letteralmente, esplode di realtà.  Nella finzione scade un permesso di soggiorno, nella realtà (così sembra dal film, Gaglianone non spiega)….pure! Il set diventa un “non luogo”, e lo scarto tra realtà e finzione diventa così sottile che non si può più “fingere”.  Ed ecco che le macchine entrano in campo, i fonici, il regista, Mastandrea che si rivolge al tecnico del suono (“Campus!”), il film diventa il backstage di se stesso.

 

Valerio Mastandrea La mia classe Daniele GaglianoneDentro e fuori il confine ormai superato tra fiction e documentario, il film di Gaglianone è un viaggio di andata e ritorno tra le due anime che da sempre caratterizzano l’immagine cinematografica. E alla fine non riusciamo più a distinguere dove Shadi, Issa e gli altri sono ripresi “documentaristicamente” e dove, invece, sono parte del film di fiction. Il mondo è entrato nel film e il film è uscito nel mondo…

 

Difficile sostenere una struttura che mette continuamente in discussione se stessa, neanche fossimo nei film godardiani del ’68, e l’occhio sbatte con violenza tra la drammaturgia della “messa in scena” e la messa a fuoco del documentarista. Stretto tra due forme sempre più connesse di narrazione, il film di Gaglianone decide di non decidere “da che parte stare”. Ma nell’empasse teorico-pratica riesce tuttavia a cogliere nel segno, strappando ai volti dei protagonisti quei  frammenti di cinema possibile, cinema/vita, come avveniva nei film di Corso Salani (che forse avrebbe amato questo film così dolcemente “impuro”), occhi stanchi di storie narrate col cuore prima ancore che con gli occhi. Il regista si “mette in gioco”, rinuncia al suo film per farne vivere uno che, di colpo, scaraventa nel passato il “cinema d’autore”, perché il cinema del XXI secolo è sì fatto di sguardi, ma soprattutto di punti di vista diversi, convergenti e divergenti. E allora anche quando Mastandrea dice a Gaglianone, guardandolo negli occhi, “Gaglia, nel film ci devi essere anche tu”, pone il problema dell’onestà dello sguardo-cinema.  Solo mettendosi in campo, nel cuore dell’inquadratura, nel centro nevralgico della storia, il regista può entrare senza ipocrisie nelle lacrime della storia.  E a quel punto ogni lacrima è, anche, una sua lacrima. E per una volta non ci si deve vergognare di piangere….

 
Regia: Daniele Gaglianone
Interpreti: Valerio Mastandrea, Bassirou Ballde, Mamon Bhuiyan, Gregorio Cabral, Jessica Canahuire Laura
Origine: Italia, 2013
Distribuzione: Pablo Distribuzione Indipendente (2014)
Durata: 92'

 

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