La programmazione di Fuori Orario dal 16 al 22 luglio

Un film comme les autres di Godard in prima tv. E poi Bertolucci, Zampa, Bellocchio, Schifano, Amico, Rocha e l’intervista a Doris Duranti. Da stanotte.

--------------------------------------------------------------
INTELLIGENZA ARTIFICIALE PER LA SCENEGGIATURA, CORSO ONLINE DAL 28 MAGGIO

--------------------------------------------------------------

Domenica 16 luglio dalle 1.15 alle 6.00

--------------------------------------------------------------
OPEN DAY SCUOLA SENTIERI SELVAGGI, IN PRESENZA/ONLINE IL 7 GIUGNO!

--------------------------------------------------------------

Fuori Orario cose (mai) viste 

di Ghezzi Baglivi Di Pace Esposito Fina Francia Luciani Turigliatto

----------------------------
SCUOLA DI CINEMA TRIENNALE: SCARICA LA GUIDA COMPLETA!

----------------------------

presenta

AUTOBIOGRAFIA TELEVISIVA DI UNA NAZIONE (2) 

a cura di Paolo Luciani

A partire già dai primi anni ’50,  grazie anche ad una cesura temporale che via via si va sempre più ampliando dagli anni del regime fascista e dalla guerra e grazie anche, se non di più, ad una realtà economica e culturale nuova, in grado di modificare in profondità il costume nazionale, si vanno moltiplicando le inchieste, i documentari, il film a soggetto che ritornano a studiare, raccontare, analizzare il ventennio, la guerra ed il tormentato dopoguerra, con  i suoi protagonisti e la condizione del paese tutto; di più,  l’intenso e variegato lavoro storiografico trova anche nel cinema, nella stampa specializzata  come in  quella popolare e  nella televisione in particolare, le  tribune e le  occasioni  per manifestarsi,  fino ad incidere  nella cultura di massa in forme del tutto originali, coinvolgendo un  pubblico vasto fatto “di chi c’era, come di quelli che sono venuti dopo”, capace anche di appassionarsi, confrontarsi, dividersi, sulle diverse tesi storiche a confronto.

Nelle notti che seguiranno cercheremo di dare conto di questa realtà , intrecciando materiali documentaristici televisivi con esperienze cinematografiche significative, bizzarre, meno scontate.

CUORI SENZA FRONTIERE

(Italia, 1950, b/b, dur., 82’)

Regia: Luigi Zampa

Con: Gina Lollobrigida, Raf Vallone, Cesco Baseggio, Erno Crisa, Enzo Staiola, Callisto Cosulich, Tullio Kezich

Alla fine della seconda guerra mondiale la linea di confine che delimita l’Italia dalla Jugoslavia taglia in due parti un piccolo paese del Carso. Soldati di verse nazionalità allestiscono uno sbarramento, fatto di pali e filo spinato, che non divide solo il territorio e le cose – l’oratorio dalla chiesa, la stalla o il campo dalla casa – ma anche e soprattutto le persone ed i sentimenti. Allo scadere della mezzanotte gli abitanti dovranno decidere, così’ anche Donata e Domenico, con la decisione dell’uomo di rimanere in Jugoslavi per motivi politici…A risentire della drammatica situazione sono soprattutto i bambini… la tragica fine di uno di loro si trasforma in un  involontario e comune momento di riflessione sulle assurdità della guerra…

Uno dei pochi film, almeno fino agli ultimi decenni, che affronta il contenzioso istriano del nostro dopoguerra: Citato innumerevoli volte in tutte le ricostruzioni giornalistiche e televisive del problema, affrontato da Zampa non solo nei moduli classici del cinema popolare italiano, ricco cioè di figure nettamente delineate, nel bene e nel male che rappresentano, ma anche con quel surplus di taglio quasi documentario, comunque di denuncia, che aveva già utilizzato in L’ONOREVOLE ANGELINA.

CHE TEMPO CHE FA – INCONTRO CON BORIS PAHOR (puntata 40)

(Italia, 2008, col., dur., 23’)

In questa puntata della trasmissione condotta fa Fabio Fazio ed andata in onda il 17 febbraio 2008, il grande  scrittore sloveno Boris Pahor è invitato per presentare il suo ultimo libro NECROPOLI. L’incontro diventa l’occasione per una drammatica ed appassionata ricognizione della storia tormentata dei nostri confini orientali.

MIO DIO, COME SONO CADUTA IN BASSO!

(Italia, 1974, col., dur., 105′)

Regia: Luigi Comencini

Con: Laura Antonelli, Alberto Lionello, Michele Placido, Jean Rochefort, Rosemarie Dexter, Karin Schubert

Inizio Novecento, due giovani sposi, nobili siciliani, scoprono proprio la notte di nozze di essere fratello e sorella. Per ragioni di decoro, decidono di vivere fra di loro in assoluta castità, non rivelando però ad alcuno, per motivi di decoro, la loro parentela, continuando a mostrarsi in pubblico come merito e moglie. Da qui un susseguirsi di colpi di scena e situazioni via via più paradossali; in realtà la sceneggiatura, che attraversa decenni di storia italiana, permette a Comencini e Perilli, testimoni attenti e già critici degli avvenimenti narrati, di condurre una graffiante e crudele analisi del ciarpame intellettuale e culturale che ha accompagnato l’affermarsi del Ventennio.

ORE 20 – INTERVISTA CON DORIS DURANTI

(Italia, 1978, b/n, dur., 27′)

Regia: Claudio Triscoli

Conduce: Bruno Modugno

Con Doris Duranti, Salvatore Siniscalchi, Maurizio Ponzi

Una eccezionale intervista ad una delle più importanti attrici italiane del ventennio, Doris Duranti, certamente tra quelle, poche,  che visse fino in fondo il ruolo di diva del regime, in un intreccio romanzesco e drammatico tra cinema e vita. Livornese, classe 1917, esordisce giovanissima, segnalandosi per bellezza e spontaneità recitativa (Cavalleria rusticana, Carmela Il Re si diverte), diretta più volte da Flavio Calzavara,  conquista le prime pagine dei rotocalchi per alcune sue spregiudicate interpretazioni. Si lega al ministro Alessandro Pavolini e alla caduta del regime lo segue al nord, nella Repubblica Sociale; si stabilisce a Venezia, dove gira alcuni film al CineVillaggio, che avrebbe dovuto sostituire Cinecittà; amica di Galeazzo Ciano, assiste impotente alla tragica conclusione del processo di Verona, in cui Pavolini sarà tra gli accusatori di Ciano. Nei giorni finali del regime finì in carcere in Svizzera, mentre Pavolini fu giustiziano. Finita la guerra si trasferì in Sudamerica; fece saltuariamente ritorno in Italia, girando ancora alcuni film minori, fino alla sua ultima apparizione in Divina creatura di Giuseppe Patroni Griffi nel 1975.

 

Venerdì 21 lugli dalle 0.50 alle 6.00

UN FILM NON COME GLI ALTRI. OLTRE E DOPO LA NOUVELLE VAGUE (1)

a cura di Fulvio Baglivi e Roberto Turigliatto

UN FILM COMME LES AUTRES    PRIMA VISIONE TV

(Id., 1968, col. e b/n, 103’, v.o.sottotitoli italiani)

Regia: Jean-Luc Godard

Con: operai della Renault-Flins, studenti di Nanterre

Week-end esce a dicembre del 1967, di fatto ricapitolando e chiudendo in modo magistrale tutto un periodo sotto il segno della catastrofe, dell’apocalisse del mondo e del cinema: “FIN DE CONTE”, “FIN DE CINÉMA” sono i due cartelli finali.    Nel giro di poco meno di un anno frenetico Godard passerà dallo status di grande “artista”, tra i più famosi del mondo, imitato e ammirato, a quello di cineasta pressoché clandestino, cancellato e autocancellato come autore (certo solo in apparenza), fuori da qualsiasi sistema, sulla via di realizzare film irrecuperabili, nascosti o addirittura invisibili.  È di questo tempo imponderabile, nel sopravvenire del “prima” e del “dopo” il maggio 1968, che Le gai savoir e Un film comme les autres – più ancora forse del film coi Rolling Stones – sono da considerarsi i frutti  più belli: opere affascinanti proprio per la loro capacità di prenderlo, questo tempo, e poi di “riprenderlo”, di catturarlo e poi decomporlo, aurora e notte che si inseguono senza sosta e si sciolgono l’una nell’altra. Raramente come in questi film si è visto il cinema filmare il presente mentre diventa passato, precipitando nel gorgo dell’eternità

Un film comme les autres viene girato alla fine di luglio del 1968, su un “terrain vague” erboso, tra gli edifici della periferia di Flins-sur-Seine, non lontano dalla fabbrica Renault, a una quarantina di chilometri a ovest di Parigi. I cinque militanti (tre studenti di Vincennes e due operai di Flins) sono ripresi “in quel preciso giorno” in inquadrature fisse in 16 mm. dal grande William Lubtschasky da lontano, mai di faccia, in una distanza spaziale (giustificata anche da esigenze di anonimato) che raddoppia quella temporale. Qui siamo infatti già da subito nel dopo, alla ricerca, tra immagine e parola,  di un “commento” a quanto appena accaduto: un mese dopo, infatti,  il maggio è già lontano, irrecuperabile, perduto, rivoluzione più o meno fallita le cui immagini in bianco e nero (splendide), sempre mute, sembrano non meno “datate” delle attualità di un cinegiornale degli anni Trenta.

Questo film non fu quasi visto, fu completamente sottovalutato quando non dichiarato trascurabile, perfino spesso rifiutato dal pubblico nelle poche proiezioni che ne vennero fatte (come a New York alla fine del 1968). Ma trent’anni dopo Jean-Marie Straub e Danièle Huillet dichiararono di considerarlo “uno dei migliori film di Godard”, “un film che corrisponde veramente al Maggio 68”.  Jean-Pierre Gorin lo ha definito a sua volta come  il “documentario perfetto” che attesta gli eventi, abitato da una “vulnerabilità poetica”, “perché riprende i gesti del cinema degli inizi, come se i fratelli Lumière, invece di registrare gli operai che uscivano dalla loro fabbrica, li avessero filmati in quel momento breve e fragile in cui la occupavano”.  E forse Godard non raggiungerà più nei successivi film del gruppo Dziga Vertov quel miracolo poetico per cui la captazione del tempo, come in un film primitivo, si cristallizza subito in un passato irrimediabilmente lontano, in cui tempo vissuto e tempo storico (Michelet) sembrano per un attimo coincidere. Dichiarò Godard molti anni dopo: “Qualcuno, credo Picasso, ha detto: ci vuole molto tempo per diventare un bambino. Questa è la direzione in cui sto andando” (da un testo di Roberto Turigliatto, in Ripley’s Home Video, 2012)

UMANO NON UMANO                                                                           

(Italia, 1969, col, dur. 95′)

Regia: Mario Schifano

Con: Carmelo Bene, Mick Jegger, Keith Richards, Sandro Penna, Adriano Aprà, Alberto Moravia

Una serie di “quadri” si avvicendano: un uomo dopo avere assistito alla proiezione di un film di Godard e di alcune sequenze tratte da altri suoi film, si avvicina allo schermo e lo lacera. Il critico cinematografico Adriano Aprà espone alcune sue idee sulle funzioni del cinema nella società. Al centro di Roma, in piazza Colonna, sono raggruppati degli operai dell’Apollon in manifestazione. Lo scrittore Moravia passeggia solitario in riva al mare. Due amanti si voltolano banalmente in un letto. Il poeta Sandro Penna viene intervistato e, tra una lamentela e l’altra sui suoi acciacchi, legge brani meno noti delle sue poesie. Un contadino dipinge falce e martello sul suo campo vuoto…Un capolavoro del cinema italiano girato dal pittore Mario Schifano e prodotto da Mick Jagger e Keith Richards dei Rolling Stones, un album della Roma “pop” e alternativa della fine degli anni ’60.

CANCER 

(Id. Brasile/Italia, 1968-72, b/n, dur., 85’)

Regia: Glauber Rocha

Con: Odete Lara, Hugo Carvana

Tre personaggi discutono della violenza psicologica, sessuale e razziale in 27 piani sequenza. Improvvisato nel 1968, girato in 4 giorni e montato 4 anni dopo per la RAI nella serie Programmi Sperimentali per la TV.

 

Sabato 22 luglio dalle 1.55 alle 6.30

UN FILM NON COME GLI ALTRI. OLTRE E DOPO LA NOUVELLE VAGUE (2)

a cura di Fulvio Baglivi e Roberto Turigliatto

STRATEGIA DEL RAGNO

(Italia, 1970, col., dur., 94’)

Regia: Bernardo Bertolucci

Interpreti: Giulio Brogi, Alida Valli, Pippo Campanini, Franco Giovannelli

Ispirato al racconto Tema del traditore e dell’eroe di Borges del 1944, Bertolucci ambienta la storia in un immaginario paese del parmense, Tara, dove Athos ritorna per indagare sulla morte del padre, ucciso dai fascisti, eroe della Resistenza. Chiamato dall’amante del padre, Athos scopre man mano che il padre aveva tentato senza successo, per via di una soffiata ai carabinieri, a uccidere il Duce durante una messa in scena del Rigoletto. Entrato nel teatro un pomeriggio mentre s sta provando ancora il Rigoletto Athos scopre anche che la morte eroica del padre era stata orchestrata da lui stesso e messa in pratica con l’aiuto degli amici.

Strategia del ragno nasce sul bisogno di affrontare l’ambiguità della storia, sulla demistificazione delle figure eroiche dei padri, sulla scoperta che le notti padane sono fatte di luce azzurra come le notti di Magritte, sui microfoni eroici della presa diretta assediati dalle enormi zanzare del Po. Il film è stato girato in una condizione di trance simile al sogno, è il sogno di un film, il cinema verità della memoria. Almeno metà del film è blu, perché ho girato molto nel breve intervallo della luce che c’è tra il giorno e la sera. È un blu speciale, inequivocabile, che tutti gli operatori allora temevano. Noi, invece, cominciavamo a girare proprio quando un operatore tradizionale avrebbe detto ‘basta’ “(Bernardo Bertolucci, dal Catalogo della Mostra Internazionale del Cinema di Venezia del 1970).

NEL NOME DEL PADRE     director’s cut del 2011

(Italia, 1972-2011, col., dur., 85′)

Regia: Marco Bellocchio

Interpreti: Yves Beneyton, Renato Scarpa, Laura Betti, Lou Castel, Piero Vida, Aldo Sassi, Gisella Burinato

“Non si tratta di un restauro, ma di una nuova opera inedita e attuale: un singolare director’s cut che, per la prima volta, invece di durare più a lungo rispetto all’originale, risulta più corto: 90 minuti per questa nuova versione contro i 105’ del film uscito in sala nel 1971” (Marco Bellocchio)

“Il motivo per cui riprendo in mano Nel nome del padre con questa nuova versione – racconta Bellocchio – non è per aggiungere, ma per sottrarre […] Ho voluto liberare le immagini cercando di privilegiare quanto di lieve, di caldo, di paradossale, di surreale anche di crudele – senza essere gratuitamente sadico – di sarcastico, di raramente affettivo c’era nel film…Nei quarant’anni successivi mi è tornata in mente, a intervalli vari, anche lunghissimi, l’idea, la convinzione che Nel nome del padre non avesse ancora trovato la sua forma definitiva”.

Anni cinquanta, un collegio dei preti dall’atmosfera oppressiva, un universo chiuso e repressivo che riproduce grottescamente quello della società con le sue schiavitù e le sue rimozioni. L’arrivo di un allievo ribelle e anticonformista scatena le tensioni latenti nel collegio sfociando in una inutile rivolta.  Ispirato a ricordi personali di Bellocchio, “il film più caotico del suo autore, fatto di bagliori improvvisi, di invenzioni assolute, di frenesia incontrollabile, ma anche di una bellezza visiva quasi pittorica che ne compensa il dolore lacerante”. (Adriano Aprà)

L’INCHIESTA

(Italia, 1971, col., dur., 91’)

Regia: Gianni Amico

Interpreti: Claudio Volonté, Anne Wiazemsky, Joel Barcelos, Teresa Ricci

Prodotto dalla Rai e sceneggiato insieme a Bernardo Bertolucci mentre il giovane fratello Giuseppe è assistente alla regia, è la storia di Giuliano Santori, corrispondente da Genova di un quotidiano romano, che indaga su una clinica psichiatrica di Genova. Costruito a “pezzi” come una matrioska il film evidenzia l’annullamento dell’individuo attraverso la detenzione psichiatrica e la solitudine, l’impossibile riconciliazione tra i sentimenti e i desideri e la “normalità” imposta dalle regole della società.

 

--------------------------------------------------------------
#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

--------------------------------------------------------------

    ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI SENTIERI SELVAGGI

    Le news, le recensioni, i corsi di cinema, la riviste, i libri, gli eventi e tutte le nostre iniziative