La sirenetta, di Ron Clemens e John Musker

Fu il primo grande classico della Disney Reinassance degli anni ’90. Le eroine delle favole avevano un nuovo carattere e Alan Menken gli diede nuove canzoni da cantare. Stasera, ore 21, Sky Family

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The Little Mermaid è universalmente riconosciuto come il primo di una serie di titoli che hanno dato vita alla Disney Reinassance negli anni novanta. Infatti, i settanta e gli ottanta sono stati due decenni in cui lo studio di Burbank sembrava cinematograficamente in declino. I suoi film avevano incassi quasi sempre deludenti e le maggiori attenzioni dell’azienda erano rivolte allo sviluppo dei parchi a tema. L’adattamento della fiaba di Hans Christian Andersen sconfisse l’opinione generale che la Disney non fosse più quella di una volta. Eppure, perché proprio il successo del film di Ron Clemens e John Musker ha spinto la percezione comune a celebrare l’avvenuta resurrezione dei grandi classici?

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Effettivamente, anche il precedente Oliver & Company (1988) ebbe un discreto riscontro presso il pubblico. Tuttavia, gode ancora di una fama minore come tutte le produzioni uscite da Robin Hood (1973) in poi. La profezia di Don Bluth secondo cui la morte di Walt Disney aveva esaurito la forza creativa dello studio si avverava da anni. Inoltre, la nuova compagnia del fuoriuscito sembrava irraggiungibile: nel 1986, An American Tail aveva doppiato l’incasso di The Great Mouse Detective. La gestione di Jeffrey Katzenberg comprese che l’innovazione tematica non funzionava e The Little Mermaid segnava il ritorno su un terreno confortevole per attualizzarlo.

La Disney non si dedicava ad un racconto con una principessa o aspirante tale dai tempi di Sleeping Beauty (1959). Ovviamente, la consolidata struttura narrativa avrebbe funzionato solo se l’eroina fosse stata simile alle sue coetanee. Il copione di Ron Clemens e di John Musker riuscì ad aggiornare il canone della fanciulla in attesa del vero amore che era stato accantonato per trent’anni. La rivoluzione sessuale e il femminismo si erano scagliati spesso contro il mito di Cinderella (1950) e quell’archetipo era stato travolto. L’indomabile desiderio di ribellione alle convenzioni e ai ruoli prestabiliti di Ariel fu l’inizio di un percorso. Ci sarebbe voluta ancora un’altra generazione per arrivare ad Elsa, la protagonista emancipata e moderna di Frozen (2013).

La giovane figlia di Tritone non accetta le limitazioni del mare e vuole conoscere il mondo degli uomini. Prevedibilmente, si innamora di Eric e sfida l’autorità del genitore per realizzare il suo sogno di camminare sulla terraferma. La ragazza non attende l’intervento salvifico di qualcun altro per assecondare le sue ambizioni e si costruisce il suo destino. Il suo carattere è determinato e consapevole anche se la natura dei suoi progetti è ancora frivola. Le sue azioni si rivolgono ad un principe azzurro insolitamente passivo che ci mette tutto il film per baciarla. Il momento giusto sembra arrivato quando i due fanno una gita al lago e il granchio Sebastian organizza una musica d’atmosfera. Tuttavia, il ragazzo è timido e non sa decidersi, a differenza di tutti gli altri suoi colleghi, a cui bastava scendere da cavallo.

Quando la perfida Ursula lo intrappola in un sortilegio è lei che se lo va a riprendere e lo libera dall’incantesimo. La strega dell’oceano domina la scena con le sue pose da drag queen e il suo corpo debordante. Alcuni comprimari sono ancora troppo legati all’obsoleta ingenuità degli animali antropomorfi. Invece, il crostaceo direttore d’orchestra della corte di Tritone è uno straordinario colpo di genio. Il suo numero slapstick con un cuoco francese che vuole bollirlo è uno dei momenti più divertenti del film. La sua centralità risponde alla domanda iniziale sui motivi che hanno inserito immediatamente The Little Mermaid tra i grandi classici della Disney.

Il personaggio di Ariel era stato modellato su quello di Alyssa Milano, che all’epoca era la giovane star del serial Who’s the Boss? Una teenager bastava a rinnovare la solita trama dell’amore impossibile tra due mondi divisi da un padre irascibile ed una perfida strega? Era davvero sufficiente contestualizzare questi cliché al gusto del pubblico della fine degli ottanta? Probabilmente, il motivo per cui nessun film dello studio era diventato memorabile era soprattutto un altro. Chi può ricordare una sola musica di The Rescuers (1977) o di The Fox and the Hound (1981)? Ron Clemens e John Musker hanno sicuramente reso più complessi, esuberanti e accattivanti i personaggi delle fiabe. Tuttavia, Alan Menken gli ha dato delle nuove ed irresistibili scene da cantare, senza le quali ogni loro sforzo sarebbe stato vano.

Il ricordo di The Little Mermaid è inevitabilmente associato a Sebastian che dirige i pesci e i molluschi in Under the Sea. Oppure, ad Ariel sospirante che si affaccia in superficie sulle note di Part Of Your World. Non è un caso che Ursula pretenda la sua voce come merce di scambio per darle le gambe e la possibilità di vivere tre giorni nel castello di Eric. Il compositore vinse otto Oscar tra il 1989 e il 1996 e la Disney Reinassance porta quasi esclusivamente la sua firma. Ancora oggi, le eroine come Elsa possono rinunciare all’amore ma non possono rifiutarsi di eseguire Let It Go.

 

Titolo originale: The Little Mermaid
Regia: Ron Clemens e John Musker
Voci: Jodi Benson, Pat Carroll, Christopher Daniel Barnes, Samuel E. Wright, Jason Marin, Kenneth Mars
Durata: 83′
Origine: USA, 1989
Genere: animazione

 

 

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