LETTE E… RIVISTE – Stan Winston: effetti speciali a cuore aperto
Un uomo che ha fatto dei suoi sogni di bambino il lavoro di sempre. Le conquiste di un vero artigiano del cinema, prezioso pioniere di rivoluzionari effetti speciali. Empire ripropone l’intervista del gennaio 2007 a Stan Winston, scomparso il 16 giugno scorso dopo una lunga malattia. Un artista che ha contribuito a scrivere alcune delle pagine più affascinanti della storia del cinema, capace di guardare al di là della tecnologia, per fare di ogni illusione materia pulsante di vita

Introduzione
“Beh, la verità è che”, sorride, “certamente mi occupo di effetti speciali, ma me ne servo per creare dei personaggi. Utilizzo effetti di makeup, di animatronic ed effetti digitali. Da quando ero piccolo i miei preferiti sono sempre stati film come King Kong e Il mago di Oz, entrambi con personaggi inventati. King Kong è un effetto speciale, ma allo stesso tempo è un personaggio, un personaggio fondamentale”. È questa filosofia, insieme al suo talento monumentale, ad aver assurto Winston al pantheon degli artisti degli effetti speciali […]
[…] Il suo ufficio, pieno di riconoscimenti e premi (compresi i suo quattro Oscar), è ingentilito dalla presenza di una serie di sculture di bronzo, la prova più tangibile della sua abilità di artista. Dopo essersi trasferito ad Hollywood alla fine degli anni ’60, Winston si cimentò nella stand-up comedy prima di far parte del programma di apprendistato altamente competitivo della Disney, in makeup teatrale ed effetti speciali. Era un sogno che si realizzava. […] Con 6000 ore di training sul groppone, Winston lasciò
Terminator
Nel 1984 Winston progettò la sequenza della trasformazione per Starman di John Carpenter e, cosa parecchio più importante, creò il personaggio chiave per un thriller sci-fi a low-budget che si chiamava Terminator. Tale pellicola rappresentò un punto di svolta fondamentale per gli effetti speciali cinematografici e, considerando il cambio di direzione che portò Winston dagli effetti di makeup al regno degli animatronic e dei pupazzi, rappresentò il vero e proprio bivio della sua carriera. “Originariamente”, dice, “Jim Cameron voleva realizzare Terminator interamente sfruttando l’animazione in stop-motion. Sentivo che potevamo farlo con un pupazzo a grandezza naturale, per cui mi sono messo a studiare la tecnologia usata da Jim Henderson su Dark Crystal, l’articolazione facciale e il modo in cui i pupazzi diventavano veri e propri personaggi. […]
[…] Costruiti con un cuore di acciaio pesante, gli originali T-800, molti dei quali erano endoscheletri completi, erano goffi ed incredibilmente difficili da manipolare […] La maggior parte delle articolazioni era direttamente controllata grazie alla tecnica usata da Jim Henson (quella delle aste meccaniche). La testa, gli occhi e le fauci erano servomotori radio-controllati, mentre mani e piedi erano mossi grazie a dei cavi”. Da questi inizi rudimentali era nata l’eredità di Winston. […]
L’Alien Queen
[…] Sono stati molti altri gli obiettivi raggiunti lungo la strada che conduce dalle gloriose tecniche di costruzione dei pupazzi, alla robotica interamente affidata all’intelligenza artificiale. Due anni dopo Terminator, Winston fece di nuovo coppia con Jim Cameron per l’epico Aliens. […] Alto più di
Il Predator
[…] Cameron ebbe un ruolo decisivo nella successiva collaborazione. “Non riesco a liberarmi di Jim Cameron”, ride Winston. “Ricordo che stavo disegnando il Predator su un aereo, mentre volavo verso il Giappone insieme a Jim per parlare ad una conferenza su Aliens. Avevo visto il disegno di un guerriero rasta che Joel Silver aveva in ufficio ed ecco perchè per me aveva le sembianze di una specie di alieno rasta. […] Jim gli diede un’occhiata e disse: “Sai, ho sempre voluto vedere qualcosa con delle mandibole.” […] Ed eccole qui”, dice, guardando verso l’articolo finito che ci sovrasta. “Vuoi delle mandibole, eccole”. Testimonia il genio di Winston il fatto che […] Predator sia stato inizialmente girato con un mostro completamente diverso – un generico vestito da insettoide, dolorosamente privo di personalità. Solo dopo, dei test di ripresa rivelarono che il desiderio di presenza sulla scena della creatura sarebbe stata l’eredità incancellabile di Winston, […] “E’ un punto molto importante questo. […] Non è una questione di tecnologia; […] Predator è un uomo con un abito di gomma addosso, ma non si pensa mai a lui in questi termini, se non come ad un personaggio. Non è mai una questione di tecnologia, di effetti speciali. Bisogna inventare il personaggio prima da un punto di vista visivo ed emotivo e poi decidere qual è la tecnologia di cui bisogna servirsi per realizzarlo. “E’ questo il fondamento della filosofia di Winston, il principio basilare a cui il suo lavoro si ispira e si manifesta in tutto quello che è stato realizzato dallo Studio – anche i dinosauri di Jurassic Park. E se questo può sembrare difficile da credere, basti ricordare la scena con i triceratopi feriti o quella con i furbi raptors che inseguono i bambini in cucina, per capire.
I dinosauri
Jurassic Park rappresenta un altro affascinante punto di giunzione nella carriera di Winston. […] Per il 65% i dinosauri che appaiono nel film sono stati progettati e realizzati dallo Stan Winston Studio. “E sono tutti personaggi diversi, profondamente differenti”, dice Winston, […] Abbiamo studiato ogni possibile scoperta della ricerca paleontologica; abbiamo lavorato con il paleontologo Jack Horner. […] Quello che abbiamo fatto è stato prendere tutto quello che sapevamo, fondamentalmente la struttura delle ossa e la loro dimensione, per poi metterlo in relazione con quanto si può oggi vedere del mondo animale. Abbiamo osservato elefanti, uccelli, lucertole e abbiamo cominciato a comporli, mettendo in relazione queste osservazioni con le prove offerte dalla paleontologia. Siamo andati avanti raffinando la struttura, il movimento, la consistenza della pelle ed il colore, fino a trovare la soluzione giusta”.
Sapere se la ricostruzione sulla base di qualcosa che ora esiste solo sottoforma di frammenti fossili è corretta, è secondo Winston una questione d’istinto. […] E non si può negare che l’idea che abbiamo delle sembianze delle creature preistoriche e dei loro comportamenti sia stata profondamente influenzata da Jurassic Park.
“Non dimenticherò mai”, dice Winston, “Quando Jack Horner venne allo studio e vide un raptor finito per la prima volta. Rimase lì con la bocca aperta e disse “Mio Dio,”: Gli sembrava di guardare qualcosa di reale”. Infatti stava guardando qualcosa di più vero di quello che avrebbe mai potuto immaginare. Winston ammette di aver barato con i velociraptor, […] facendoli qualche centimetro più alti di quando suggerivano i resti fossili. […]
Nel costruire ed articolare scrupolosamente i dinosauri di Jurassic Park sulla base di scheletri anatomicamente precisi, Winston ed il suo team spiegarono come i dinosauri digitali fossero stati creati al computer. […] E’ nella natura di Winston considerare la tecnologia digitale non come una minaccia, ma come un’ opportunità, un altro strumento di cui servirsi.
Nonostante sia […] celebrato principalmente per il suo lavoro di pioniere nel campo degli animatronics, Winston si unì a James Cameron e Scott Ross nel 1993 per formare
“If you can think, we can make it”, di Simon Braund, da Empire di giugno 2008, pubblicato per la prima volta sul numero di gennaio 2007
http://www.empireonline.com/features/stanwinston/
Traduzione di Giovanna Canta
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