"Lezioni di regia" – la rivoluzione tomasiana

Il libro di Dario Tomasi rappresenta, per la novità della sua struttura, un valido complemento all'ormai inefficace nozionismo delle "famigerate" grammatiche cinematografiche

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Lezioni di regia di Dario Tomasi "ruba" il titolo all'omonimo libro di Sergej M. Ejzenstejn. Il testo "originale" è la trascri­zione di un ciclo di lezioni tenute dal regista sovietico all'Istituto Statale di Cinematografia di Mosca nel corso dell'anno scolastico 1932-1933. Ejzenstejn affronta i diversi problemi di regia e di messinscena (composizione dell'inquadratura, movimento, ritmo, montag­gio, recitazione) sia analizzando sequenze e immagini dei propri film sia, soprattutto, immaginando di adattare episodi dai grandi classici della letteratura. Il libro, edito in Italia solo nel 1964, era uno dei pochi strumenti allora disponibili per indagare gli aspetti tecnico-espressivi del mezzo cinematografico. Erano anni in cui alcuni giovani studiosi di cinema si innamoravano di frasi come "in un film un bambino che muore in primo piano è una cosa diversa da uno che muore in campo lungo" o "una carrellata è una visione del mondo". Stava nascendo l'analisi del film che dai lavori teorici di Ejzenstejn e di André Bazin, oltre che da certe osservazioni di Jean-Luc Godard e dei suoi amici redattori dei Cahiers du Cinéma, troverà una valida base di partenza che poi la semiologia del cinema di Christian Metz  e dei suoi eredi contribuirà a sviluppare.

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Oggi, per fortuna, i testi di regia a disposizione di studiosi e appassionati di cinema sono numerosi. Tuttavia, Lezioni di regia di Tomasi è uno dei pochi a rompere, non solo nelle intenzioni ma anche attraverso la novità dell'impostazione, con la normatività dei manuali tradizionali. Infatti, l'idea di fondo su cui il libro si struttura è piuttosto semplice: individuare alcu­ne situazioni drammatiche e narrative ricorrenti e cercare di comprendere come il cinema le ha messe in scena, quali sono i modelli che, per  ognuna di esse, si sono dati come dominanti nel cinema classico, mo­derno e postmoderno, e quali invece le forme alternative. Sono otto le situazioni drammatiche (il dialogo, la scrittura e la lettura, il conflitto a fuoco, l'inseguimento, il bacio, il sesso, lo specchiarsi, il sogno) che, Tomasi, prende in esame in altret­tanti capitoli che "rubano" ancora un furto il loro titolo a quello di celebri film (La conversazione, Lettera da una sconosciuta, La sparatoria, Speed, Baciami stupido, Facciamo l'amore, L'immagine allo specchio, Sogni) .


Una struttura nuova che, nel liberarsi da riflessioni puramente teoriche o strettamente tecniche, offre un valido complemento all'ormai inefficace nozionismo delle famigerate grammatiche cinematografiche. Ha senso, ad esempio, riferirsi esclusivamente ad una concezione statica dell'inquadratura come quella dei piani di ripresa quando la velocità dei film postmoderni sfugge a tali classificazioni?


In attesa di una riforma del "codice cinematografico", il libro di Tomasi affronta, nel concreto, le soluzioni espressive che un regista può adottare a partire da alcune situazioni ricorrenti. Un film, in fondo, è sempre fatto di dialoghi, inseguimenti, baci, duelli, sogni. La centralità delle dimensioni narrative e drammatiche, di fatto, determina una sorta di rivoluzione tomasiana all'interno della manualistica: una regia che, in un gioco di reciproche attrazioni, sappia muoversi in simbiosi con la storia che vuole raccontare.


Più che un manuale di tecnica cinematografica è un libro sugli stili cinematografici dei grandi maestri del passato e del presente (Griffith, Bergman, Lang, Godard, Hitchcock, Tarantino, Bunuel, Fellini, Welles, Greenaway, Lynch, Kubrick, Keaton, Ozu, Kitano,…).


 


 


 


Lezioni di regia. Modelli e forme della messinscena cinematografica.


Dario Tomasi


Editrice Utet, pag. 416, 23.00 €

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