The importance of being Earnest di Oliver Parker, interpretato da Rupert Everett e dall'irresistibile Judi Dench, ha aperto ieri sera le danze della 55ma edizione del Festival Internazionale del cinema di Locarno. Il compleanno è importante per il festival diretto da Irene Bignardi, festeggiato con i fuochi d'artificio della festa nazionale elvetica e con un film forse troppo manierato, wildiano  per necessità e terribilmente British che – neanche a dirlo – segna la rinascita degli Ealing Studios nel mercato internazionale (altri festeggiamenti nell'aria).

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Le celebrazioni si addensano cangianti per il festival ticinese che offre generose novità con molte anteprime in cartellone, nuove sezioni e spazi di visione, ma soprattutto sempre più imprevedibili contaminazioni con altri linguaggi, modi di incontro e forme espressive. Nella dialettica tra sguardo della memoria e immaginari del futuro la ricerca di identità dei cineasti si stratifica tra i titoli dei 22 film del concorso internazionale (il commovente Renè di Alain Cavalier, l'attesissimo Gerry di Gus Van Saint, Man, Taraneh, Pandzah Sal Daram/I'm Taraneh, 15 dell'iraniano Rassul Sadr-Ameli, Al primo soffio di vento di Franco Piavoli – unico film totalmente italiano in concorso – solo per segnalarne alcuni), nei pixel delle opere in video selezionate da eterogenee e numerose cinematografie (dall'Argentina alla Corea, attraverso la Napoli degli ultrà di Estranei alla massa di Vincenzo Marra e la Parigi romantica e impressionista in Oui Non di Jon Jost), e nelle ricerche dei cineasti del presente, tutti molto rischiosi e contraddittori, autori di raccordi visivi e narrativi difficili da dimenticare, segnati dalla più radicale voglia di contraddire cliché e stereotipi filmici. 

La forma intenzionalmente laboratoriale di questa edizione del Festival è confermata dalla novità assoluta, In Progress, nome manifesto di appuntamenti eterogenei e assemblati a partire dalla relazione con il cinema. E dunque In Progress la Letteratura, attraverso le testimonianze di scrittori legati alla settima arte da fili differenti (Tabucchi,  Yehoshua, desai e altri),  In Progress la Video-arte che parte provocatoriamente in sala dalla proiezione del vertoviano Man with a Movie camera  per approdare alle opere del grande artista Shirin Neshat fino alle video installazioni che In progress contaminano con la materia dei giovani artisti nordeuropei l'ordinatamente svizzero arredo urbano locale.

Tra i molteplici  e inediti innesti si collocano anche le notti dell'Indian Summer, la retrospettiva sul cinema indiano nata dalla collaborazione con la DSC (Direzione dello Sviluppo e della Cooperazione), le intense lezioni della Film Summer School 2002 organizzata dall'Università della Svizzera italiana in collaborazione con il festival, dedicata al cinema documentario e alla relazione tra identità e memoria, la vasta retrospettiva dedicata all'opera di Allan Dwan, regista hollywoodiano poco valorizzato, autore di capolavori e B-movies di genere, alla retrospettiva dedicata alla musica dell'illustre compositore francese Michel Legrand…

Un festival densissimo e speriamo istintivo, osato, forse disperso, decisamente deterritorializzato e intenzionalmente sfuggente. Che le danze comincino…

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