#Locarno69 – La festa, i luoghi, il cinema. Incontro con Franco Piavoli

Intervista esclusiva con il regista lombardo. Nel corso dell’incontro ha parlato di come sia stato incuriosito dall’evento, del rapporto col digitale, i volti e l’utilizzo delle ombre

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I luoghi sono sempre quelli, gli stessi che ho iniziato a filmare dall’inizio degli anni ’60”. Franco Piavoli introduce così Festa, il suo nuovo mediometraggio presentato fuori concorso al 69° Festival di Locarno. Un villaggio di campagna, la festa di San Pietro, il parroco che dopo la messa invita tutti a far festa. “Si, quell’evento esiste da anni. Il parroco, dopo l’omelia, invita tutti a ballare. La cosa mi ha incuriosito e così ho deciso di filmare le feste. Poi oggi ho notato che c’è un ritorno alla passione del ballo di coppia tra i più giovani che diventa un vero e proprio bisogno di condivisione”.

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festa franco piavoliForse Festa poteva avere anche il respiro di un lungometraggio, ma il cineasta ribadisce: “Inizialmente non ho pensato a nulla. Ho cominciato solo a catturare delle immagini proprio per il fatto che questo evento mi aveva colpito. E mi sono trovato lì a due passi da dove accade”. Le riprese sono state fatte in due anni, ma solo nei periodi dell’anno in cui si sono svolte le feste: “Si, nei mesi di giugno e luglio, quando ci sono le feste, del 2014 e del 2015. Ho fatto comunque una quantità enorme di riprese”. E, sotto questo aspetto, incuriosisce parecchio il rapporto di Piavoli con il digitale: “Mi ci butto col piacere di poter girare senza problemi economici. Non c’è l’ossessione di finire il rullo. E poi c’è la possibiltà di selezionare. Il montaggio, fatto con mio figlio Mario, è stato molto più lungo delle riprese”, Ed è rimasto soddisfatto anche della resa del suono sul digitale: “Anche se in dei momenti può non risultare perfetto, in un ambiente dove c’è la liberazione dei sensi funziona anche se può apparire a prima vista grezzo”.

Le inquadrature piuttosto strette sui volti sono un altro elemento di riconoscibilità: “Trovo piacere inquadrare i volti. Alcuni di questi sono rubati, altri sono di amici”. E poi aggiunge: “Il nostro volto trasmette molto spesso sentimenti e pensieri, ma a volte li nasconde anche. In alcuni casi le espressioni le ho catturate dal vero, in altri ho chiesto esplicitamente di costruire determinati atteggiamenti”. Poi le ombre: “Si sono protagoniste e create con la luce naturale. Ho cercato di raccontare Festa proprio attraverso le luci, le ombre e i suoni”.

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