OMBRE ELETTRICHE – Nero coreano: nuovi profili criminali

La Corea del Sud continua ad affrontare il cinema poliziesco con il piglio di chi conosce la materia trattata. Tre esempi del 2006 illustrano modi, tempi e forme del nuovo noir del paese del 38° parallelo. Sotto i riflettori: “Gangster High” di Park Ki-hyung; “The City of Violence” di Ryoo Seung-wan; “A Dirty Carnival” di Yoo Ha

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Tre pellicole dalle ambizioni e dai destini differenti dimostrano quanto proteiforme e metamorfica possa essere una cinematografia in bilico, quale quella sudcoreana, a cavallo tra estasi e tracollo. Passati i fasti dell'emersione di inizio millennio, infatti, i registi hanno dimostrato che lo smalto degli esordi è difficile da recuperare, in special modo quando applicato al cinema di genere, dove storie e situazioni sanno troppo spesso, ormai, di déjà-vu. Per rimediare alla carenza di scrittori, e di rimando di trattamenti, capaci di rivitalizzare l'alveo del crime-thriller, tre autori scendono in campo e rimaneggiano da par loro ordinarie storie di gangsterismo urbano riviste secondo le tradizioni locali e le proprie velleità di lasciare un segno tangibile alla causa e, male non fa, al box office.

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Park Ki-hyung viene dall'horror (Whispering Corridors, 1998; Acacia, 2003) e in Gangster High non ha paura di scendere fino al dettaglio macabro del sangue che scorre a litri. Fa impressione, più che la violenza in sé, il contesto giovanile cui è applicato. Nonostante la mediazione di un intro che dà il senso della misura, con l'unico superstite interrogato dalla polizia, sconcerta la bellica abnegazione con cui un gruppo di amici studenti, tutti minorenni, si immolano al massacro scannandosi senza pietà in un bagno di sangue esponenziale che non conosce catarsi morale. L'unica regola è la legge del taglione, applicata con rigore stilistico e crudeltà necessarie, per l'ennesima volta, a far comprendere quanto sia duro crescere in una società ancora alla ricerca di una netta identità nazionale. La regia ben si adegua agli sguardi fieri degli imberbi protagonisti, tutti bravissimi, costruendo, forse senza volerlo, una versione alternativa, moderna, del prologo malinconico di Friend (2001, di Kwak Kyung-taek), con la stessa enfasi e, va sottolineato come lode, il medesimo pathos. Che il clima scolastico a Seoul e dintorni non fosse piacevole, tra insegnanti maneschi e gang di strada, già si sapeva – vedi Once Upon a Time in High School (2003, di Yoo Ha) -; che potesse raggiungere tali apici di violenza forse era ancora da appurare. Park, cui piace trattare di gioventù abbandonata a se stessa in una giungla d'asfalto troppo pericolosa per un'età così acerba, si muove a suo agio tra piani sequenza e primi piani, articolando con competenza scene d'azione raffinate e tensione melodrammatica d'effetto. Il risultato finale è pregevole.

Dovrebbe prendere esempio dal collega Ryoo Seung-wan, un artigiano auto-elevatosi al rango autoriale, previo benestare dei festival che ne hanno celebrato, spinti dal senso del marketing dei produttori, un ego poco disposto al compromesso. Dai tempi dell'esordio con il crudo Die Bad (2000), forse l'unica sua pellicola veramente convincente, Ryu è salito di rango, passando da piccoli festival come il Far East udinese ai più strombazzati lidi veneziani. Ma il suo stile pulp, che incorona tra le fonti di citazione, a parimerito, Quentin Tarantino, John Woo e Sergio Leone, dimostra oggi un'impasse narrativa preoccupante, a fronte di un talento nella messinscena che senza i fronzoli pacchiani cui ci ha abituati sarebbe cristallino. The City of Violence non è noioso e inutile solo perché ha ritmo e stile. Peccato che la storia faccia acqua da tutte le parti, in special modo nel non concepire una struttura del racconto meno lineare e banale: si torna ciecamente all'epopea dei buoni guidati, soli e a mani nude, dal coraggio e dal senso dell'onore. I protagonisti, poveri loro, si immolano e si confrontano con nugoli sempre più nutriti di feroci avversari. Da un lato pare di assistere ad una riproposizione stantìa di un vecchio yakuza-eiga della Nikkatsu, con tanto di colonna sonora dal nostalgico mood jazzato, dall'altro si viene improvvisamente catapultati in un videogioco a livelli che a partire dai breakbeat hip hop di sottofondo ricorda – sempre fuori moda siamo – gli albori dei picchiaduro alla Street Fighters II, con gli attori che, poco credibili, scorazzano a riempire tutto lo schermo con calci volanti e mosse speciali. Un passo indietro rispetto ai già poco convincenti Arahan (2004) e Crying Fist (2005), nei quali quantomeno le scene di combattimento e di arti marziali tipiche dei film di Ryu erano orchestrate in maniera meno pacchiana.

Il filo comune di questo cinema all'arma bianca, dove le pistole compaiono raramente, è che il substrato mafioso abbia molto ancora da raccontare. Si fa carico di questo lirisimo sotterraneo Yoo Ha, moderno aedo dotto dal fare pacato ma mai pedante. Il poeta prestato alla regia, dopo aver dissertato di matrimonio e scuola, arriva al poliziesco con la stessa passione di uno dei personaggi del notevole A Dirty Carnival, un regista che prende appunti stando al fianco dell'ex compagno di banco che sta salendo i ranghi della mala. Si parte dal volto sofferto e infantile della star Jo In-sung, la cui recitazione sottotono è una gioia per gli occhi, e si termina, brutalmente, nella coralità di un sottomondo in via d'estizione, non solo in Corea ma in tutto il mondo cosiddetto civile. Il business, dalla facciata pulita, sorpassa a sinistra qualisiasi codice etico e colora di rosso (sangue) ogni possibile eccezione. In questo futuro privo di variabili e irrazionalità il ruolo dell'outsider, dello scarface di turno, è a tal punto desueto da apparire demodé. E pertanto va eliminato, come una macchia sgradita su un foglio bianco: nonostante le buone intenzioni (supportare due famiglie povere, quella anagrafica e il clan criminale di cui è capo, che vivono di stenti); nonostante il coraggio; nonostante l'ambizione; nonostante la praticità nel saper scendere a compromessi. A Dirty Carnival è allora la summa generis, dove autoreferenzialità e impatto violento si sposano e dove le ambizioni di un vero autore e le necessità del cinema commerciale vanno meravigliosamente a braccetto. Un giocoliere da scoprire assolutamente, capace di scavalcare a pié pari il potenziale baratro di cui si diceva sopra, e per di più con grazia ed eleganza.

FILMOGRAFIA


 


GANGSTER HIGH


Paese: Corea del Sud


Anno: 2006


Regia: Park Ki-hyung


Sceneggiatura: Park Ki-hyung


Cast: Jung Kyung-ho, Lee Tae-sung, Jang Hee-jin


 


THE CITY OF VIOLENCE (Venezia 2006)


Paese: Corea del Sud


Anno: 2006


Regia: Ryoo Seung-wan


Sceneggiatura: Kim Jung-min, Lee Won-jae, Ryoo Seung-wan


Cast : Ryoo Seung-wan, Lee Beom-soo, Jung Doo-hong


 


A DIRTY CARNIVAL


Paese: Corea del Sud


Anno: 2006


Regia: Yoo Ha


Sceneggitura: Yoo Ha


Cast: Jo In-sung, Lee Bo-young, Chun Ho-jin


 


LINKS


 


http://www.gangster-high.co.kr/ (sito ufficiale di Gangster High, in coreano e inglese)


http://www.mandiapple.com/forum/showthread.php?t=3313 (recensione di Gangster High, in inglese)


http://www.koreanfilm.org/kfilm06.html#dirtycarnival  (recensione di A Dirty Carnival, in inglese)


http://times.hankooki.com/lpage/culture/200606/kt2006061516314611720.htm (recensione di A Dirty Carnival, in inglese)


http://www.variety.com/review/VE1117931366.html?categoryid=31&cs=1 (recensione di A Dirty Carnival, in inglese)


http://www.zzakpai.com/ (sito ufficiale di The City of Violence, in coreano e inglese)


http://www.koreanfilm.org/kfilm06.html#cityofviolence (recensione di The City of Violence, in inglese)


http://www.thrillermagazine.it/cinema/3646/ (recensione di The City of Violence, in italiano)


 


DOVE ACQUISTARE


 


Gangster High è disponibile in doppio dvd per Taewon Entertainment, con audio in DTS e Dolby Digita 5.1 e sottotitoli in inglese e coreano. Cofanetto lussuoso e transfer in 2.35:1 con colori nitidi. Le special features sono di valore: vari documentari (sulla pre-produzione del film, sulla sua genesi, il classico making of e uno speciale intitolato Crime File); interviste agli attori e alla troupe, panoramica di foto di scena e poster, trailer, video musicale ufficiale e spezzoni tratti dalla colonna sonora.


The City of Violence è uscito in dvd per la filiale home video della casa di produzione CJ Entertainment, che ha approntato per un film cui tiene molto un'edizione speciale davvero importante. Nel primo disco il film sottotitolato in inglese con l'opportunità di attivare il commento audio del regista, purtroppo senza sottotitoli. Nel secondo disco, tutti privi di sottotitoli inglesi, due speciali sul film, le interviste con gli attori e con l'action director Jung Doo-hong, un lungo making of, due speciali sul lavoro del direttore della fotografia e del direttore artistico, un reportage dal festival di Venezia, una rassegna fotografica comprendente, a parte, poster, trailer e videoclip mtv, scene tagliate e alternative (sempre commentate dal regista) e, a chiudere, un curioso documentario sull'infanzia trascorsa al cinema di Ryu.


Anche A Dirty Carnival, ugualmente patrocinato dalla CJ Entertainment, esce in dvd – ntsc, regione 3, come The City of Violence – sottotitolato in inglese in un'edizione lussuosa limitata. Oltre al film, la cui trasposizione da pellicola è praticamente perfetta, trovano spazio una serie di interessanti extra senza sottotitoli: making of, scene tagliate, errori sul set, video musicale, trailer e una galleria dei poster cinematografici.


Tutti i dvd sono in vendita da http://global.yesasia.com.

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