RAVENNA NIGHTMARE 2005 – Zombi e vampiri anomali nelle notti ravennati

Rovistando nella soffitta del vecchio horror non mancano mai incontri stimolanti. Il Ravenna Nightmare Festival in ciò non si smentisce. Vedere per credere.

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Festival di creature maledette quello del Ravenna Nightmare. Le prime proiezioni visionate al Cinema City hanno dato risalto ai morti viventi ed ai vampiri, creando un connubio interessante e alquanto originale. Si comincia con La cavalcata dei resuscitati ciechi, secondo capitolo della tetralogia culto dedicata ai templari ciechi inventata nel 1971 dallo spagnolo Amando De Ossario, scomparso nel 2001. I cavalieri templari, ormai cadaveri, escono dalle loro tombe e, in sella a cavalli fantasma, seminano morte e distruzione tra gli abitanti di una piccola comunità di montagna. Piccolo gioiello trash che utilizza molte riprese non montate nel precedente capitolo, espediente che permetterà al regista di poter girare la pellicola senza dover ricorrere a una coproduzione.

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Sono zombi "contemporanei" invece quelli di Day of the Dead 2: Contagium. Il film di James Glenn e Ana Clavell si configura nello stesso tempo come una sorta di prequel e sequel della saga dei morti viventi nata dalla fantasia del geniale Romero nel 1968. Day of the dead 2 è stato oggetto di notevoli problemi giudiziari, in quanto Romero non ha voluto che il film venisse distribuito nel circuito cinematografico. Il risultato è che il lavoro dei due registi Glenn e Clavell è solo reperibile nel mercato home-video. Opera dal registro fortemente televisivo, verbosa, piatta nelle inquadrature e nel ritmo, lontanissima dagli originali romeriani dove la tensione psicologica e la denuncia sociale toccano vertici mai più eguagliati. Qualche scena grandguignolesca nel finale non salva un film da dimenticare in fretta.

Le vergini cavalcano la morte è un altro film spagnolo, praticamente introvabile, di Jorge Grau. Datato 1972, narra le vicende del marchese Karl Ziemmer – accusato di essere un vampiro – e della moglie (una splendida e decadente Lucia Bosè), discendente di una contessa che amava bagnarsi con il sangue fresco di giovani donne vergini. Grau in questo film, non si fa mancare nulla: corpi orrendamente mutilati, gole tagliate, bellezze femminili senza veli. Un'opera ardita per l'epoca, coraggiosa e senza compromessi, dove il vampirismo è solo un pretesto per descrivere la superstizione, l'ipocrisia e i desideri repressi dell'essere umano. 


Corrado Farina è un regista che nella sua carriera eterogenea (documentarista, scrittore, autore di fumetti) ha diretto solo due lungometraggi – Hanno cambiato faccia e Baba Yaga – diventati da alcuni anni oggetto di culto. Hanno cambiato faccia può essere definito sicuramente come il primo film che descrive la figura del vampiro in chiave socio-politica. Siamo in piena epoca post-sessantottina, contestazioni e scontri tra le diverse fazioni politiche sono all'ordine del giorno. In questo clima di tensione e guerriglia urbana, il vampiro moderno (un inquietante Adolfo Celi) abbandona il mantello ed i canini "fisheriani" per tramutarsi in uno spietato uomo d'affari che controlla la politica, l'industria e la stampa. Un vampiro che non si nutre del sangue delle sue vittime ma della loro energia vitale, della loro mente, facendoli diventare moderni schiavi del capitalismo e dell'ordine costituito. Film visivamente sorprendente, denso di atmosfere cupe e disturbanti, dove la violenza fisica è sostituita da una violenza psicologica invisibile (ma palpabile) altrettanto agghiacciante e devastatrice. Il cinema di Farina si è dimostrato, a distanza di oltre trent'anni, inaspettatamente profetico e di conseguenza assolutamente attuale.


 

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