Softie, di Samuel Theis

Nonostante una regia incerta, il film di Theis si muove in direzione del pubblico, liberandosi nei gesti imprevisti e nelle emozioni fulminee. Ad Alice nella città

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Spero che mi senti” urla ad un certo punto Johnny alla madre ubriaca collassata sul divano. Il centro di Softie è tutto qui, intorno al desiderio del piccolo protagonista di essere visto, ascoltato, percepito.

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Presentato ad Alice nella città, la sezione indipendente della Festa del cinema di Roma, dopo il passaggio cannense alla Semaine della Critique, Softie è il secondo lungometraggio del regista francese Samuel Theis, che nel 2014 aveva co-diretto Party Girl. Theis ripropone nuovamente una storia che sfiora aspetti autobiografici. A partire dalla cittadina di Forbach, al confine tra Francia e Germania, che ha dato i natali al regista. Johnny ha dieci anni e una famiglia disfunzionale alle spalle: un padre assente, una madre alcolizzata, un fratello maggiore adolescente che sta sempre fuori casa e una sorellina piccola di cui si deve occupare da solo. La sua sensibilità trova riscontro e interesse in Jean, il nuovo insegnante appena trasferitosi da Lione con la moglie. Jean diventa per il bambino un punto di riferimento e d’ascolto, unico rifugio sicuro a cui affidare le proprie incertezze davanti alla classe, in cui essere accolto nelle sue fughe da casa e dalla violenza della madre. Il rapporto tra i due diviene per il bambino rivelatore della propria identità, affettiva, intellettuale e sessuale, assumendo però sfumature ambigue incompatibili coi ruoli sociali di insegnante-allievo. Theis si concentra sul traslare i turbamenti emotivi di Johnny in una regia tesa al pedinamento inquieto e perpetuo del suo protagonista, in un processo di scoperta interiore che si esprime visivamente con l’esplorazione degli spazi, interni ed esterni, in cui il bambino si muove.

Aliocha Reinart, interprete di Johnny, è incredibilmente capace di far convergere nel suo aspetto delicato il turbinio emotivo e psicologico di un bambino costretto a crescere troppo in fretta, rinunciando alla propria infanzia, alla ricerca del proprio posto nel mondo, spinto dalla voglia di emanciparsi da una famiglia e una condizione sociale in cui si sente intrappolato. Theis è abile nel raccontare l’infanzia con naturalezza e autenticità, mescolando l’esperienza autobiografica agli esempi offerti dal cinema recente, da Tomboy di Céline Sciamma a Girl di Lukas Dhont fino a The Florida Project di Sean Baker, sapendoli adattare ad una visione registica a tratti forse imprecisa ma di grande coinvolgimento emotivo. Dalla delicatezza del tocco di una mano alle improvvise esplosioni di rabbia, Softie si muove vibrante in direzione del pubblico e ,come il suo piccolo protagonista, riesce a librarsi nei gesti imprevisti, nelle emozioni fulminee, nei corpi che si muovono in sincrono col cuore.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.5

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
3.5 (2 voti)
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