SOL LEVANTE: Il gatto con gli stivali

Uno dei più importanti lungometraggi d'animazione del periodo "classico" Toei, colpevolmente dimenticato e sul quale hanno lavorato autori di assoluto prestigio, come un giovane Hayao Miyazaki. Un film che è un appassionante e delicato inno alla fiducia in se stessi, per spettatori giovanissimi e non solo.

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Famosa per il suo prolifico catalogo di serie televisive, la major nipponica Toei Doga ha svolto durante gli anni Sessanta un ruolo fondamentale anche per ciò che riguarda i lungometraggi a cartoni animati, sui quali si sono formati molti importanti artisti. Nel ricco parco titoli della casa un posto particolare lo occupa Il gatto con gli stivali ("Nagagutsu o haita neko") diretto da Koro Yabuki nel 1969, partendo dall'omonima fiaba di Charles Perrault, pubblicata in Francia nel 1696. Il film, che ottenne un enorme successo, è il frutto di una serie di talenti che comprende, oltre a un giovane Hayao Miyazaki, anche Yasuo Otsuka e il grande Yasuji Mori (primo, storico, direttore delle animazioni in Giappone), mentre alla produzione c'è il consolidato nome di Hiroshi Okawa, tra i fondatori della stessa Toei.

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La storia amplia la vicenda narrata da Perrault, operando alcune sostanziali aggiunte e variazioni: il gatto Pero indossa i celebri stivali sin dal principio, quando viene condannato a morte dai suoi simili per aver salvato la vita a un topo. Durante la sua fuga, Pero conosce il piccolo orfano Pierre, anch'egli rinnegato dai fratelli che si sono spartiti l'eredità paterna: i due proseguono il viaggio insieme e quando Pierre si innamora della giovane principessa Rosa, Pero cerca di aiutarlo facendolo passare per un giovane principe ma il ragazzo non ama mentire. Avrà comunque la sua occasione affrontando il malvagio Re Lucifero, uno stregone che pretende la mano della principessa, pena la distruzione del regno per mezzo delle sue arti magiche. Accanto a sé nella dura battaglia contro il malvagio, Pierre potrà contare su Pero e su una schiera di topolini a lui fedeli.


 


Come si può notare, oltre ad alcune invenzioni riprese da altre fiabe di Perrault (ad esempio i topolini rimandano a "Cenerentola") e a un cattivo dal peso specifico ben maggiore dell'orco presente nel finale della novella, il film opera un significativo rovesciamento di prospettiva rispetto al dettato originario, rinnegando la bugia come chiave di volta per la felicità: se in Perrault, alfiere di una narrazione semplice e sobria, mutuata dalla tradizione favolistica orale e perciò ossequiosa di un certo schematismo, i trucchi di Pero vengono accettati di buon grado dal suo giovane compagno per ambire alla mano della principessa, in questo caso Pierre pretende di essere amato per quello che realmente è, senza godere dei vantaggi offerti dall'inganno o da un semplice cambio d'abito. Appare alquanto evidente come molta della futura produzione di Miyazaki risulti influenzata dai temi già abbozzati in questo lungometraggio: anche nelle storie del regista di Nausicaa, infatti, la mediazione con realtà altre non passa mai per un diniego delle proprie origini e della propria specificità ma per la ricerca di un punto d'equilibrio tra istanze apparentemente opposte, in nome di quell'armonia cara all'autore. In tale ottica Pero finisce per apparire come un personaggio meno solido del suo amico Pierre e l'avventura si rivela utile a entrambi per crescere attraverso il confronto di esperienze e filosofie di vita: il celebre trucco con il quale il gatto sconfigge il nemico nella fiaba (convincendolo a trasformarsi in un topo per poi mangiarlo) in questo caso si rivela infruttuoso e solo l'abilità e il coraggio di Pierre conducono infine alla vittoria. La morale, edificante ma non retorica, vuole dunque indurre i giovanissimi spettatori a non confidare nelle lusinghe delle facili soluzioni (siano i furbi consigli degli amici o il potere fine a se stesso) ma a impegnarsi sempre fino in fondo per ottenere ciò in cui si crede.


Anche a livello stilistico Miyazaki dimostra di avere già seminato in questo film quegli elementi che porterà in seguito a definitiva maturazione: nonostante la scenografia sia curata nei dettagli, il design dei personaggi appare semplice e improntato all'immediatezza, alla possibilità di essere facilmente memorizzato ed eventualmente ridisegnato dal pubblico infantile. Il ritmo è poi molto concitato, fino a sfociare nel tour-de-force finale, con la battaglia nel castello di Lucifero, vero e proprio preludio a quanto Miyazaki farà 10 anni dopo in Lupin III e il castello di Cagliostro.

Il gatto con gli stivali si inserisce in un filone di storie ispirate a novelle dell'immaginario globale, del quale fanno parte anche film come Simbad il marinaio/Le meravigliose avventure di Simbad (1962) e Le meravigliose favole di Andersen (1968). L'influenza occidentale è evidente anche nell'articolazione stessa della storia, che ossequia in parte una formula cara al cartoon disneyano, con parentesi cantate e una scansione dei ruoli abbastanza definita, dove spiccano i comprimari, cui è deputato un ruolo maggiormente comico: nel caso specifico tale attribuzione va sia ai topolini aiutanti di Pero, che ai tre gatti (dal look vagamente ninja) incaricati di uccidere il protagonista e che perciò lo inseguono per tutta la durata del film. L'amalgama fra comico e avventuroso si estrinseca in una serie di siparietti slapstick che alleggeriscono la tensione e arricchiscono la narrazione, mentre i colori accesi e un certo dinamismo che coinvolge gli ambienti, rendendo gli stessi una parte importante della narrazione, sono fra gli elementi che caratterizzeranno molte future produzioni animate giapponesi. Si può agevolmente affermare, insomma, che pur attingendo da archetipi che sono quelli della fiaba, il film riesce ben presto a dimostrare una propria specificità e particolarità.


Il grande successo del film portò negli anni successivi alla realizzazione di due seguiti, anch'essi giunti in Italia: Continuavano a chiamarlo il gatto con gli stivali ("Nagagutsu Sanjushi", del 1972) e Il gatto con gli stivali in giro per il mondo ("Nagagutsu o haita Neko 80 Nichikan sekai isshu", 1976), che curiosamente abbandonano la traccia favolistica dell'originale per ispirarsi l'uno al genere western e l'altro al celebre romanzo di Jules Verne "Il giro del mondo in 80 giorni". Il consenso riscosso dal personaggio di Pero fu comunque tale da fare del gatto il simbolo della stessa Toei.

IL DVD


De Il gatto con gli stivali si ha memoria di un'archeologica versione in Super8 e di una vecchia pubblicazione in videocassetta, oltre a qualche passaggio televisivo durante i primi anni Ottanta. Dimenticato per molti anni, il film è stato recentemente – e insperatamente – recuperato da Art of Grace, una nuova label il cui obiettivo è quello di riproporre ampia parte del catalogo Toei offrendo agli appassionati edizioni filologicamente complete, a un prezzo non troppo elevato. Il gatto con gli stivali è la prima release della casa: il film si presenta nel corretto formato 2.35:1 con una qualità video che esalta i bei colori della pellicola, con qualche lieve eccezione in pochi momenti dove l'età si fa sentire. Nel complesso un lavoro molto soddisfacente. Per ciò che riguarda l'audio, troviamo due codifiche in italiano (2.0 e 5.1) entrambe frutto di un nuovo doppiaggio: su vari forum e in occasione di alcune interviste, la Art of Grace ha spiegato di aver tentato invano di affiancare al ridoppiaggio anche la colonna originale italiana d'epoca con la voce di Carlo Romano ma i diritti erano indisponibili, una sfortuna che non dovrebbe ripetersi con le future uscite. Ovviamente non manca l'audio in giapponese con due stream di sottotitoli in italiano, uno dei quali per non udenti con la trascrizione delle canzoni fedele al doppiaggio, buono dunque anche per gli amanti del karaoke. Gli extra comprendono invece una art gallery, il trailer originale giapponese (non sottotitolato) e, esternamente al disco, un pieghevole di otto pagine con informazioni sugli studi Toei (con molto materiale inedito e utile per gli appassionati), le note biografiche su Perrault e il produttore Hiroshi Okawa e le filmografie dei disegnatori coinvolti nel film, queste ultime stampate nella parte interna della fascetta.

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    Un commento

    • io ho adorato questo cartone! peccato che il dvd sia stato ridoppiato, ma credo che lo acquisterò in ogni caso. grazie per l'articolo