Spy Kids: Armageddon, di Robert Rodriguez

Il regista statunitense firma su Netflix il reboot della fortunata saga da lui stesso lanciata tra anni ’90 e primi 2000, senza trovare però la freschezza necessaria ad aggiornarla

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Con la prima scena di Spy Kids: Armageddon, Robert Rodriguez sembra riprendere esattamente dove aveva lasciato la saga nel 2011. Siamo nelle segrete di un castello. Tony e Patty Torrez-Tango hanno solo un minuto per disattivare il codice Armageddon. Tramite gadget come le scarpe anti-gravità aggirano le guardie in armatura. Il tempo stringe, forse non ce la faranno. Al culmine della tensione facciamo un salto indietro di un giorno. Tony cerca in ogni modo di giocare al suo videogioco preferito. Per farlo deve aggirare l’occhio attento di suo padre Terrence. Sfida difficile o quasi impossibile, visto che entrambi i suoi genitori sono, in segreto, delle spie. Un eccentrico gruppo di criminali è alla ricerca proprio dell’infallibile software che i servizi segreti utilizzano per penetrare nei sistemi informatici. Nessuno può immaginarsi che proprio il videogioco di Tony, Hyskor, è il virus col quale il suo creatore, conosciuto come The King, vuole impossessarsi dei dispositivi di tutto il mondo per… imporre la gamification. Solo i meritevoli, ossia coloro che saranno in grado di battere il boss del gioco sullo schermo del proprio cellulare, della tv o microonde potranno utilizzare i propri dispositivi.

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Con Spy Kids: Armageddon dovremmo in teoria trovarci davanti a un reboot. Rodriguez torna quindi al franchise inaugurato al volgere degli anni 2000 e capace di incassare più di mezzo miliardo di dollari nel mondo. Lo fa per Netflix, cambiando gli interpreti (da Antonio Banderas e Carla Cugino a Zachary Levi e Gina Rodriguez) ma senza re-immaginarlo del tutto. L’estetica camp alla Corman pervasa da citazionismo incontra la fredda precisione algoritmica dello streaming e del digitale. La sensazione, però, è quella di un adulto che riprende in mano un gioco di quando era bambino e riproduce i gesti di un tempo. È solo, però, solo una finzione che dura solo un attimo, nostalgico, incapace di andare oltre e fiorire in nuove evoluzioni. Il film vuole mettere l’una davanti all’altra due generazioni e provocarne l’incontro nel mondo dei videogiochi. È questa la zona d’attrito iniziale tra i ragazzi e i genitori e il fulcro attorno al quale si svilupperà il loro rapporto.

La mano e il tocco dietro a Spy Kids: Armageddon sembrano ormai essere più dalla parte degli adulti che dei ragazzi. Lo sguardo di Rodriguez si chiude nelle proprie sicurezze e il mondo di Hyskor rimane semplicemente uno spauracchio o, tuttalpiù, una breve trovata (il cattivo Rey Kingston potrebbe sembrare, a tratti, una parodia di Elon Musk). Non è nemmeno una prigione dorata, vista la stanchezza di un film d’azione che non sembra mai voler osare e che si premura di sconsigliare qualsiasi esagerazione. Come non si crea un vero ponte tra il mondo videoludico, ridotto a qualche costume fantasy, e il cinema, così non sembra esserci una vera complicità tra genitori e figli nel festante finale. In definitiva, Spy Kids: Armageddon rimane invischiato nelle ambiguità che vorrebbe affrontare e rischia di non saper parlare a nessuna delle due fasce d’età: i giovani, i cui occhi sono ormai abituati a Roblox, TikTok e Fortnite, e i genitori, a cui viene consegnata solo una piatta cartolina del complesso e variegato mondo dei videogiochi. Insomma, il cinema di Robert Rodriguez sembra attraversare una crisi di mezz’età. La speranza è che non si sia del tutto dimenticato come giocare.

Titolo originale: id.
Regia: Robert Rodriguez
Interpreti: Zachary Levi, Gina Rodriguez, Connor Esterton, Everly Carganilla, D. J. Cotrona, Billy Magnussen, Joe Schilling, Solar
Distribuzione: Netflix
Durata: 97′
Origine: USA, 2023

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2
Sending
Il voto dei lettori
1.5 (2 voti)
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