Il 7 marzo 1999 moriva Stanley Kubrick, da molti considerato il più grande regista di tutti i tempi.
Numerosi gli studi a lui dedicati e infinite le scene dei suoi film da tutti conosciute e ormai entrate nell'immaginario collettivo (la sequenza dell'osso lanciato dalla scimmia in 2001 Odissea nello spazio, tantro per citarne una), un uomo di cinema che ha saputo entrare con grandezza spesso mai raggiunta in ogni genere cinematografico: dal poliziesco allo storico, dalla fantascienza ai film di guerra, passando per drammi d'amore ed episodi ricchi di una feroce comicità.
Stupendo stravolgitore di romanzi – Stephen King non ha mai amato lo Shining kubrickiano, troppo diverso o forse troppo simile ed interno al suo -, appassionato conoscitore di storia dell'arte  e della musica, straordinario sperimentatore di nuove tecniche cinematografiche (steady cam per Shining, ma anche una nuova telecamera ad altissima sensibilità per le luci a lume di candela di Barry Lyndon) e geniale direttore di attori che spesso con lui hanno dato la migliore interpretazione della loro carriera, Stanley Kubrick è stato un ciclone per il Novecento – cinematografico e non solo – : impossibile da classificare nella varie fasi della storia del cinema, solitario personaggio ai limiti dell'"eremitismo", eppure così influenzante per le sue continue ricerche in tutti i campi, ma anche per l'estrema profondità ed attualità dei messaggi da lui donati e mostrati in ogni sua opera.
Cinema, certo, ma anche storia contemporanea, storia nostra.