Suburraeterna, di Ezio Abbate e Fabrizio Bettelli

Non c’è una sola immagine che lasci il segno. Anche con certe buone intuizioni, pare non riuscire a respirare. E a farne le spese è, per prima, Roma, ridotta a vuoto diorama. Netflix

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Roma brucia, un denso fumo si alza dalla periferia, talmente alto che si può riuscire a vedere anche dal Raccordo. Ma se la città è a pezzi, divisa tra infiniti gruppi di potere, il racconto della crisi, pare voler attutire il colpo, sostenerla. Roma brucia all’inizio di Suburraeterna come brucerà anche nel corso di Adagio, il film di Sollima che chiuderà parte della narrazione di cui questa serie spin off di Suburra fa parte.

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Pare tornare quello Stefano Sollima che all’universo narrativo della Roma Criminale ha dato il La ormai quasi quindici anni fa, dunque. Lo fa in spirito ma forse tanto basta a lasciar intuire un gioco di fantasmi tra le immagini di tutto il progetto Suburraeterna. Sollima pare riemergere sulla scena un po’ come fa Spadino, fuggito a Berlino dopo la fine di Suburra e costretto a tornare a Roma per difendere la famiglia dagli attacchi dei rivali Luciani e alzare la posta dei giochi politici della capitale alleandosi col vecchio nemico Cinaglia per provare a mettere le mani sul grandioso progetto per il nuovo stadio Olimpico. Ma forse è solo un’illusione, dopotutto è tipico dei fantasmi emergere in primo piano e poi sparire. Perché in realtà, un po’ come la serie principale, anche Suburraeterna fa fatica a costruire le sue immagini, malgrado, tra l’altro, sia la serie più “iconografica” dell’universo Suburra, quella maggiormente puntellata di visioni (la tomba della sorella del vescovo…, il progetto dello Stadio, i misteriosi documenti nascosti nel caveau, le cripte) ma anche di affascinanti evocazioni, tra lo IOR, gli emuli di Marcinkus, il mistero delle ossa di De Pedis, come se volesse assommare in sé tutti i misteri più o meno recenti di Roma.

Eppure tutti questi spunti faticano a mettersi in movimento. Quando lo fanno colpisce la rigidità di una regia che sviluppa due buone sequenze (l’assedio in municipio e la sparatoria al campo rom) e appena può ne riusa il linguaggio senza lavorare davvero tra le righe, accontentandosi di una struttura ricorrente da riposizionare alla bisogna che però fa cadere il racconto nella monotonia e, soprattutto, svela il set in maniera a tratti plateale.

Forse si avvicina ad un’idea di action fino a quel momento sfiorata in certi momenti dell’ultimo episodio, come nell’inseguimento tra l’auto in cui è prigioniero Spadino e quella lanciata al suo salvataggio guidata da Cinaglia. Probabilmente non è un caso, Filippo Nigro e Giacomo Ferrara sono in effetti quelli che reggono meglio lo strano passo della serie, che vorrebbe essere quasi Shakesperiana, decadente, disillusa, ma che in realtà rimane sempre sulla superficie delle cose. E allora Nigro e Ferrara sembrano quasi volersi rifugiare in una qualche zona sicura, provare a trarre il meglio da uno spazio che fatica sempre più a respirare. Così danno corpo ad una delle poche idee davvero buone del progetto, assecondando le linee di un buddy puntellato di cliché ma comunque giocoso, divertito. È già molto, perché il punto è proprio che Suburraeterna si diverte davvero poco con gli spunti che maneggia, ingabbiato com’è in una struttura che toglie spazio di manovra ai suoi personaggi, li blocca nei soliti doppi giochi, nei soliti, inerti, dialoghi fluviali sullo sfondo del mare di Ostia in cui la mafia romana decide alleanze e tradimenti. E se è vero che a volte, proprio questi confronti sembrano nascondere certi dettagli affascinanti, come un ripensamento delle coordinate etiche dei personaggi, con i villain ben più progressisti dei buoni, la serie non pare accorgersi mai davvero del loro potenziale, accantonandoli un secondo dopo averli svelati.

Suburraeterna si ferma sempre un attimo prima. Prima del grande salto, prima dell’affondo, prima di dare corpo alle sue idee. Così tutto rimane abbozzato, a partire dal suo sguardo su Roma, città diorama in cui anche la disillusione, allora, pare soprattutto un effetto di cosmesi.

 

Creata da: Ezio Abbate, Fabrizio Bettelli
Regia: Ciro D’Emilio (Episodi 1, 2, 3, 4), Alessandro Tonda (Episodi 5, 6, 7, 8)
Interpreti: Giacomo Ferrara, Filippo Nigro, Carlotta Antonelli, Federica Sabatini, Aliosha Massine, Marlon Joubert, Federigo Ceci, Alberto Cracco
Distribuzione: Netflix
Durata: 8 Episodi, 40-55′ minuti a episodio
Origine: Italia, 2023

 

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2
Sending
Il voto dei lettori
2.5 (2 voti)
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