TELEFILM – Settimo Comandamento: non rubare (dipende)

Leverage

Dopo una sfilza di poliziotti diamo un'occhiata a quello che accade dall'altra parte della barricata con il divertente “Leverage”. Perché di Robin Hood non ce ne più solamente uno… Un estratto dal numero di novembre di TelefilmMagazine

 

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Leveragedi Giorgio Baracco
 
La prima volta non si scorda mai. Figurarsi se si tratta di orchestrare un furto in compagnia di tre espertissimi criminali. E dire che fino a qualche anno prima Nathan era uno stimatissimo investigatore assicurativo che aveva fatto risparmiare milioni di dollari ai suoi datori di lavoro smascherando anche le frodi più sottili ed ingegnose (una anche a Firenze!). Peccato che la sua compagnia assicurativa si fosse dimostrata molto meno generosa nei suoi confronti rifiutandosi di pagare le spese mediche per il figlio malato con la conseguenza che il pargolo era passato a miglior vita… Comprensibilmente Nathan se l'era legata al dito. Ma neppure questo l'avrebbe convinto a passare dall'altra parte della “barricata” se non fosse stato per il viscido tentativo di un finanziere senza scrupoli di utilizzare il suo dolore per il bimbo morto per i suoi scopi personali… A quel punto Nathan decide: in un mondo dove non esiste giustizia, dominato da corporation spietate e senza scrupoli (siamo o non siamo al tempo della Crisi Globale?), l'unico modo per mettere a posto coscienza e portafoglio è quello di farsela da soli, la giustizia. Come? Mettendo insieme una squadra di ladri super professionisti con cui dilettarsi a umiliare, economicamente e finanziariamente, i ricchi e i potenti. Anche loro, malgrado una formazione professionale meno incline a ribellarsi ai soprusi, finiranno per credere alla missione di moderni Robin Hood e a calarsi in maniera convincente nella parte. A cominciare da Sophie, una falsaria abilissima a recitare solo quando si tratta di raggiri ed imbrogli, per arrivare a Parker, bionda acrobata specializzata in furti di destrezza, passando per la “strana coppia” formata dall'esperto in computer Alec e dal nerboruto Eliot. Anche perché aver incassato 32 milioni di dollari dopo il primo “colpo” ti fa guardare alla vita con molta minore urgenza… E così, puntata dopo puntata vediamo i nostri eroi imbarcarsi nelle avventure più disparate pur di smascherare il cattivo di turno, sia quest'ultimo un broker di Wall Street, un Boss mafioso o i “maneggioni” di un'agenzia serba per le adozioni che truffa coppie americane desiderose solo di adottare un orfano di guerra.
 
Un uomo solo al comando
Pur trattandosi di un telefilm corale, Leverage (per inciso termine con il quale nella puntata pilota si indica la “leva” con cui alleviare il dolore delle vittime di fronte ai soprusi delle multinazionali) ruota attorno alla figura carismatica di Nathan, il leader della banda, il maschio alfa che sa sempre cosa fare e come farlo. Non è un caso che rete e produzione abbiano pensato per interpretare un simile character ad un attore di consolidata fama e carisma. La scelta alla fine è caduta su Timothy Hutton, uno che a soli 19 anni si era già portato a casa un
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Leverage_il cast
Oscar come miglior attore non protagonista (per Gente Comune, film di Robert Redford). E che infatti non delude le attese nel regalarci un'interpretazione che alle tradizionali caratteristiche dell'uomo forte aggiunge quelle dell'uomo ferito, solo, fragile. Un uomo a cui è letteralmente crollato il mondo addosso e che adesso va alla ricerca di un qualcosa per cui vivere. Un qualcosa che non sia solo il desiderio di vendicarsi nei confronti dei suoi ex datori di lavoro…
 
Precedenti illustri
Per chi ha qualche anno sulle spalle o è appassionato di Retro (la rivista più che il canale:), la trama di questo Leverage non potrà non ricordargli il mitico telefilm anni '80 A-Team. In effetti le similitudini non mancano sebbene le differenze siano egualmente rilevanti: il background dei protagonisti, in un caso ladri incalliti nell'altro ex marine ingiustamente condannati per un crimine mai commesso; il taglio più maturo, più ricco, più cinematografico della serie con Timothy Hutton rispetto a quella con il leggendario PIE Baracus; l'ironia quasi inglese del primo a fronte del tono fumettoso, quasi surreale, del secondo. E si potrebbe continuare. Qualche somiglianza in più è rintracciabile in un'altra perla, curiosamente sempre trasmessa da La7, come Hustle, anche se alla serie britannica su cinque incalliti truffatori manca però ogni riferimento al lato “rubo ai ricchi per dare ai poveri”. Che Leverage sia destinato a fare corsa a sé?
 
 
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