The Munsters, di Rob Zombie

Trasposizione dell’omonima e celebre sitcom televisiva di cui il film si pone come prequel e operazione filologica di quell’estetica televisiva. Ma l’ironia non graffia e il ritmo latita. Netflix

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La sequenza iniziale è già una dichiarazione di intenti, e quasi lascia ben sperare per quello che verrà dopo: un cimitero notturno avvolto nella nebbia, un vecchio carro cigolante che avanza tra le tombe e l’ingresso dentro una cripta, con tanto di immancabile cadavere da riportare alla luce. Non c’è dubbio che sia tutto pane per i denti di Rob Zombie, da sempre legatissimo all’immaginario horror classico e ai suoi feticci da teatro del Grand Guignol, sin dall’esordio con l’ormai lontano La casa dei 1000 corpi. Non stupisce più di tanto quindi la scelta di realizzare una trasposizione della celebre sitcom televisiva The Munsters (da noi I mostri), creata nel 1964 per il network CBS e vero e proprio pilastro della cultura pop americana, quella stessa dalla quale il regista ha sempre attinto a piene mani tanto per la sua carriera cinematografica che per quella musicale.

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E se è vero che il senso del grottesco e una certa predisposizione all’eccesso hanno da sempre contraddistinto la sua produzione, allo stesso tempo c’era una certa curiosità per la sua prima incursione vera e propria dentro i territori della commedia, quasi a voler testimoniare la volontà di rimettersi in gioco dopo due titoli deboli e decisamente poco riusciti come i controversi 31 e 3 from Hell. Rispetto al serial originale, il suo The Munsters si pone sia come un prequel (raccontando cioè i fatti che hanno portato i protagonisti a stabilirsi nella nota abitazione di Mockingbird Lane) che come una rilettura estremamente filologica di quell’estetica televisiva, dai set interamente ricostruiti in studio fino ai colori esasperati della fotografia di Zoran Popovic. Non è però il caso di parlare di operazione nostalgia, anzi: in tempi come questi, dominati dall’ossessione verso i continui richiami al passato e alle estenuanti strizzatine d’occhio alla memoria (storica) dello spettatore, Rob Zombie sembra andare in direzione ostinata e contraria realizzando un film ondivago e fuori dagli schemi che, di fatto, sembra avere tutte le carte in regola per scontentare chiunque, avulso com’è da qualsiasi logica di mercato e noncurante delle regole per il film perfetto. Torna in mente allora il Diabolik dei Manetti Bros, altra operazione fieramente testarda che rifiuta i canoni imposti dalla contemporaneità per intraprendere un percorso diametralmente opposto e lontano dalle mode, anche con il rischio di andare incontro a una sonora incomprensione da parte dello spettatore.

A differenza del cinecomics italiano, però, The Munsters non riesce a fare tesoro della sua natura dichiaratamente e spudoratamente aliena, e così quelli che avrebbero dovuto rappresentare i suoi punti di forza si trasformano in ostacoli insormontabili: perché l’ironia non graffia, il ritmo latita e l’esilità della traccia narrativa non riesce a reggere le quasi due ore di durata senza un’innegabile sensazione di fatica. Come se, per questa volta, troppa libertà non sia stata un bene. Nonostante i presupposti, ne esce un film paradossalmente privo di identità, indeciso tra l’omaggio e la reinterpretazione personale: mai così a disagio nell’affrontare fino in fondo il registro grottesco, Rob Zombie gioca di accumulo ma perde di vista il disegno generale fino a un finale affrettato e poco convinto, senza riuscire mai a convogliare il suo irrefrenabile desiderio di anarchia visiva e narrativa in un dialogo compiuto con il pubblico (qualsiasi pubblico). E alla fine l’unica a rimanere davvero impressa nella memoria è Sheri Moon, straordinariamente in parte nei panni della tenebrosa Lily, la sola in grado di esprimere genuinamente l’eccentricità del contesto con uno spirito fanciullesco e puro.

 

Titolo originale: id.
Regia: Rob Zombie
Interpreti: Jeff Daniel Phillips, Sheri Moon Zombie, Daniel Roebuck, Richard Brake, Sylvester McCoy, Jorge Garcia, Cassandra Peterson
Distribuzione: Netflix
Durata: 110′
Origine: USA, 2022

 

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2
Sending
Il voto dei lettori
1 (1 voto)
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