TORINO 24 – "Reanglao Jak Meangnue (Stories From the North)" di Uruphong Raksasad (Concorso)

Il regista thailandese cerca di fotografare una realtà contadina apparentemente immutabile, alle prese con i primi problemi dello sviluppo economico. Il germe del cambiamento s'innesta in ritmi di vita arcaici. E il film diventa una riflessione "impressionista" sul tempo

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Natura e civiltà. Ritmi antichi, arcaici, apparentemente immutabili, che devono fare i conti con lo sviluppo, l'accelerazione economica. Un contrasto che sembra un leit motiv, una linea sottile tra i film in concorso qui a Torino quest'anno. E più in generale un tema fondante di tutte quelle cinematografie di Paesi in piena fase di ammodernamento economico. Il thailandese Uruphong Raksasad, collaboratore abituale di Apichatpong Weerasethakul (Tropical Malady, Syndromes and a Century), esordisce a livello internazionale con nove storie ambientate nel villaggio agricolo di Lanna. Nove istantanee quasi, bozzetti "georgici" che compongono il quadro di una vita regolata dai cicli della natura. Protagonisti per lo più vecchi e bambini, gli uni ancorati ad uno stile di vita immodificabile, gli altri ancora ignari delle dinamiche lavorative, dei problemi materiali dell'esistenza e delle scelte di vita che essi comportano. I giovani vanno via, vanno a Bangkok e lasciano il loro paese natale: è la malinconica constatazione di un'anziana donna, ormai solo in attesa di morire. E più in là, un monaco buddista nota come ormai siano solo i vecchi a pregare. I simboli della modernità, irrompono qua e là nel paesaggio campestre, rompendone la calma apparentemente monotona e introducendo un fattore di caos. I bufali d'acqua resi irrequieti dai giovani motociclisti raccontano meglio di qualsiasi altra cosa dei potenziali (?) sconvolgimenti di qualsiasi sviluppo capitalistico. Siamo sulla soglia del cambiamento. Come il musicista che vede se stesso incamminarsi in direzione ignota, siamo al confine tra il passato e il presente. E' stato introdotto il germe della "distruzione", e si fa strada il presagio della definitiva scomparsa di un mondo e di un modo di vivere. E, sviluppandosi intorno a questi motivi, Stories From the North diviene una riflessione sul Tempo, la vecchiaia e la giovinezza, la morte e la vita. Un Tempo che è reso palpabile, "visibile", proprio attraverso l'alternarsi del giorno e della notte, attraverso le diverse gradazioni di luce e i colori del cielo. E' come se Raksasad conducesse esperimenti sulle tonalità luminose. Come Monet. E con il suo digitale povero riesce a ricreare un quadro impressionista suggestivo e malinconico.

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