TORINO 30 – “Concerto per attore solo”, di Ferruccio Marotti (TFFdoc – Documenti)

Concerto per attore solo

Il Festival di Torino omaggia, a dieci anni dalla morte, il genio di Carmelo Bene. Concerto per attore solo è un documento prezioso, girato nel 1984, in cui sono state riprese le prove del Macbeth che ci svelano l’alchimia attoriale di Bene, la potenza della parola emessa da una infinita gamma di sfumature timbriche che fanno della phonè elemento imprescindibile della sua rappresentazione.

 

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Concerto per attore soloLa memoria di Carmelo Bene lavora in modo sotterraneo e incessante nel panorama culturale italiano e si riscopre quanto pesi la sua assenza non soltanto sulla scena teatrale, ma quanto manchi tout court, quanto siano oggi, state necessarie le sue provocazioni intellettuali, in uno scenario sempre più asfittico e monocorde in cui l’operazione culturale, spesso coincide unicamente con il rilievo mediatico che riesce ad attirare. All’interno di una più complessiva operazione che vuole ricordare, a distanza di dieci (lunghi) anni dalla sua morte, la genialità autoriale/interpretativa/elaborativa di Bene, il Festival di Torino propone questo documento di Ferruccio Marotti, autore triestino che non è nuovo all’interesse per Bene ed in genere non è nuovo al lavoro attorno al palcoscenico, che porta il titolo emblematico di Concerto per attore solo, proprio per sottolineare la magnetica presenza del regista/attore che assorbe, come una sorta di buco nero, tutta la luce possibile, lasciando sprazzi di presenze per gli altri suoi comprimari.

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Le prove così teatrali del Macbeth, come malato di mente curato dalla sua discinta infermiera lady Macbeth, ci svelano, nella progressione dei sei capitoli di cui il documento è composto, l’alchimia attoriale di Bene, ci svelano, la potenza di una parola emessa da una infinita gamma di sfumature timbriche che fanno della phonè elemento imprescindibile della sua rappresentazione. Dentro questa progressione preparatoria dello spettacolo si stratifica quella ricerca dell’assoluto teatrale, dell’assoluto della rappresentazione, come intimo dialogo e successiva messa a nudo di questa elaborazione. È il segreto svelato nell’accezione trasgressiva di Bene, quando sosteneva “sono apparso alla Madonna”. È questa trasgressione, perfino nell’eccesso iperbolico di una eterna rappresentazione teatrale che ci fa sentire l’assenza di un intellettuale come Carmelo Bene. Lo aveva capito Maurizio Grande, un altro insostituibile uomo di teatro e di cinema che aveva compreso il genio di Bene elaborando studi e riflessioni sulla sua figura tanto da collaborare, nel 1984, anno di produzione di questo documento, alla sua realizzazione come testo necessario alla ulteriore comprensione della sfida teatrale del maestro pugliese. Lo ha ben compreso anche Fulvio Baglivi che cura, a completamento della riflessione su Bene, l’incontro su di lui, ma soprattutto le undici ore di girato di Nostra signora dei turchi che appare come un materiale lontano dal film e così destrutturato, rispetto a qualsiasi ipotesi costruttiva da avere per titolo Materiali da distruzione.

 

 

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