TORINO FILM FESTIVAL 26 – "A Zona" (La zona) di Sandro Aguilar (La Zona)

La macchina da presa di Aguilar lascia tutto in sospeso: le storie si confondono con i loro flashback con un passaggio talmente lieve che sembra quasi un fiorire spontaneo di momenti e alla fine non si è più sicuri se siano gli oggetti a svuotarsi del loro valore o addirittura le persone stesse.
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A zonaE’ un cinema che osserva da vicino, fino al bianco sporco delle pupille, quello del portoghese Sandro Aguilar, presente al Torino Film Festival nella sezione “La Zona” col suo primo lungometraggio, dopo aver raccolto numerosi premi (a Locarno) e menzioni (a Venezia) con le precedenti opere.

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Aguilar racconta praticamente solo attraverso le immagini la storia di tre persone che si trovano a dover affrontare il dolore della perdita di una persona cara: un uomo, Rui, assiste al lento spegnersi del padre, Luisa è alle prese con la morte del marito proprio mentre partorisce e un'altra donna vede sparire il proprio marito senza più trovarlo. Le tre vite sono ispezionate, analizzate nei loro piccoli gesti quotidiani fino a far risaltare il vuoto, l’inconsistenza degli spazi attorno ai loro movimenti. La macchina da presa di Aguilar con la sua mobilità lascia tutto in sospeso: le storie si confondono con i loro flashback con un passaggio talmente lieve che sembra quasi un fiorire spontaneo di momenti e alla fine non si è più sicuri se siano gli oggetti a svuotarsi del loro valore o addirittura le persone stesse. Con la morte il valore che circondava gli spazi si muta, è quasi consumato dai personaggi stessi, così come si consumano le sigarette sparse in ogni scena – e l’immagine in cui si vedono le cicche in piedi, ormai quasi del tutto bruciate, è forse il riassunto di tutto il film. 

Resta solo un dubbio, il momento della festa in cui nessuno parla, o non viene sentito, in cui le persone si muovono, ballano, cadono senza forse capire perché o mostrare alcuna emozione.

Ma probabilmente è solo il proseguimento di un percorso che parte da una solitudine procurata (la morte) a un’altra ormai ricercata quasi inseguita (la scena del viaggio in moto) per svuotarsi degli ulteriori ricordi e lasciarsi passare la vita addosso, come fanno gli alberi col vento nell’immagine finale del film.

 

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