TORINO FILM FESTIVAL 26 – "The new year parade", di Tom Quinn (Concorso)

The new year parade di Tom Quinn, nella sezione del concorso, si lega alla grande corrente del cinema americano indipendente in cui si coniuga la documentazione del reale con la fiction. Ma l’operazione di Quinn, pur nella sua onestà non appare convincente, sebbene lavori su un buon sviluppo dei personaggi e su alcune illuminazioni visive non trascurabili.

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Si inserisce in un contesto di cinema verità, a metà tra un documentario e la fiction, il film di Tom Quinn The new year parade in concorso al festival torinese. Il film di Quinn deriva e si lega alla grande corrente del cinema americano indipendente che ha sempre coniugato la documentazione del reale con la fiction per ricercare, all’interno di dinamiche cinematografiche via via consolidate e derive esistenziali sempre più problematiche, un ritratto autentico dei personaggi specchio dell’epoca in cui l’opera trova il proprio sviluppo.

Nel film di Quinn siamo a Philadelfia e nell’annuale occasione di una gara fra bande musicali assistiamo al disgregarsi di una famiglia a causa del divorzio provocato dal tradimento di lei. Il padre, nonostante questa situazione guida la sua piccola orchestra nella speranza di vincere la parata musicale annuale. I due giovani figli ci conducono in questo racconto.

L’operazione di Quinn, pur nella sua onestà e sebbene alle spalle si ritrovi una tale invidiabile tradizione (il catalogo del festival rimanda ad ascendenze altmaniane, ma non ci sentiamo di insistere troppo su questo punto) non appare convincente. È proprio la scelta stilistica adottata forse uno dei motivi di questa poca efficacia, ciò che fa perdere al film il mordente necessario pur con all’interno un buon sviluppo dei personaggi e alcune illuminazioni visive non trascurabili. Il film, proprio per quell’eredità che raccoglie e per la strada che vuole ripercorrere, sembra giungere a tempo scaduto. Fondando gran parte della propria forza proprio sulle riprese macchina a mano e riecheggiando atmosfere consuete, il film ha un che di sorpassato in un cliché che diventa un desueto modo di intervenire sulla realtà.

Quindi, se da un lato è riuscito il tentativo di delineare il profili psicologici dei personaggi, The new year parade, guardato nella sua complessiva e finale forma, sembra non riuscire a mantenere l’unità tra le due storie e la responsabilità non può essere addebitata agli attori che svolgono al meglio il proprio compito.

Il cinema americano, anche indipendente, ci ha abituato alla crisi familiare quale occasione per entrare nel dettaglio dei sentimenti, proprio lo scorso anno il TFF ha dedicato la retrospettiva a Cassavetes che, con buona pace di Polanski, ha indagato i sentimenti familiari, il loro costruirsi, il loro dissolversi. Al suo nome, molti altri possono seguirne e cioè a tutti gli autori che hanno guardato al microcosmo familiare con attenzione e sapienza. Per queste ragioni il film di Quinn arriva un po’ tardi e, non aggiungendo nulla a quanto sia stato già detto, lascia perplessi e un poco delusi.

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