Un padre, di Paul Weitz

Le parti drammatiche funzionano più di quelle comiche. Weitz realizza un film istintivo sulla reazione al lutto e sul desiderio di solitudine. In parte Kevin Hart ma la vera sorpresa è Melody Hurd

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“È un vero schifo”. Kevin Hart ha le mani appoggiate sul bancone della chiesa. Davanti a lui ci sono tutti i presenti che lo ascoltano ma in quel momento non si vedono. È solo la prima inquadratura di Un padre, basato su una storia vera raccontata da Matthew Logelin nel libro di memorie Two Kisses for Maddy: A Memoir of Love and Loss, ma già viene sottolineata la solitudine del protagonista. Si, perché anche se Matt ha attorno a lui tutti i parenti e gli amici che lo vogliono aiutare, in realtà è solo. È appena rimasto vedovo dopo che la moglie Liz è morta per un’embolia polmonare subito dopo il parto e deve occuparsi della figlia Maddy che è appena nata. Malgrado le difficoltà Matt decide di crescerla per conto suo anche se parenti e amici si offrono di aiutarlo. Qualche anno dopo, ancora segnato dalla scomparsa della donna che ama, conosce una donna con cui entra in sintonia. E si chiama proprio Liz. Il problema ora è quello di presentarla a Maddy.

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Ci sono spesso affari di famiglia nella filmografia di Paul Weitz. Un cinema in cui ritorna spesso il rapporto tra padri e figli/e (American Pie, In Good Company, Vi presento i nostri, Being Flynn) o scoperti all’improvviso in cui alla fine c’è un notevole cambiamento nei protagonisti come nel caso del ricco single londinese che si trova ad occuparsi del problematico dodicenne di About a Boy e della poetessa e della nipote diciottenne di Grandma. Un padre recupera tutto il nucleo centrale del cinema del regista contaminandoli con gli squarci mélo della scrittura di Dana Stevens, cosceneggiatrice del film con lo stesso Weitz, che aveva segnato alcuni dei più fiammanti film sulla perdita alla fine del secolo scorso come City of Angels e Gioco d’amore. In Un padre le parti drammatiche funzionano meglio di quelle comiche. Ha un forte impatto la premonizione della morte di Liz. Negli ultimi momenti di felicità insieme tra marito e moglie c’è già l’ombra della tragedia familiare. Risultano invece meno riuscite le caratterizzazioni degli amici di Matt che allentano inutilmente la tensione del tentativo di isolamento del protagonista. Ed è proprio questo, come si è già sottolineato, uno dei temi centrali di Un padre. Il ricevimento dopo il funerale mostra infatti il protagonista che vuole stare lontano da tutti. Si trova nella stanza da solo poi affronta gli altri. L’elaborazione del lutto è vista tutta dentro la testa di Matt. Le persone che cercano di aiutarlo gli vanno in realtà addosso, lo soffocano. La libertà non è quella della felicità. Dopo la morte di Liz è ormai perduta e quel tipo lì non ritornera mai più. Quella della nuova vita consiste nel poter essere finalmente da soli. E di crescere la figlia non seguendo regole prefissate dagli altri e di poterla mandare alla scuola privata con i pantaloni invece che con la divisa femminile.

La trama di Un padre somiglia a uno dei film più belli e sottovalutati di Kevin Smith, Jersey Girl con Ben Affleck nei panni di un pubblicitario di successo che perde la moglie subito dopo la nascita della figlia. Se quel film spingeva il pedale dalle parti del melodramma più devastante, il film di Weitz invece lo trattiene. Kevin Hart è perfettamente in parte e gioca di sottrazione. Il dolore personale è giustamente qualcosa di intimo. Se uno non vuole, non va condiviso con nessuno. Così come il legame con la figlia dove la prova sorprendente di Melody Hurd (è Gracie nella serie tv Loro) è qualcosa di unico. Ogni altro personaggio che si mette in mezzo è un’invasione. C’è solo una figura secondaria che capisce tutto; è il capo di Matt. Gli occhi di Paul Reiser, in gran forma come nel ruolo del fidanzato della figlia di Sandy/Michael Douglas in Il metodo Kominsky, sono quelli più discreti e complici. Forse da quella strada la vita può ricominciare, indicata da un film che resta sempre di più nel corso dei giorni.

 

Titolo originale: Fatherhood
Regia: Paul Weitz
Interpreti: Kevin Hart, Melody Hurd, Alfre Woodard, Lil Rel Howery, DeWanda Wise, Paul Reiser, Anthony Carrigan, Deborah Ayorinde
Distribuzione: Netflix
Durata: 109′
Origine: USA, 2021

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.8

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
2.86 (7 voti)
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