VENEZIA 62 – George Clooney, McCarthy, la televisione e la politica

Nella conferenza stampa, l'istrione che non riesce ad entrare alle feste rimane in equilibrio, nonostante nel suo film si parli di anticomunismo, di maccartismo e del potere della cattiva maestra per eccellenza

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In Good night, and good luck, suo secondo lavoro da regista dopo Confessioni di una mente pericolosa, Clooney traccia un profilo di Edward R. Murrow: un nome che nel nostro paese non dice granché, ma che nell'ambiente giornalistico statunitense è sinonimo di correttezza dell'informazione, professionalità ed imparzialità.
Murrow, nato nel 1908 e morto nel 1965, fu un pioniere della notizia: entrato nel 1935 in una CBS che ancora non disponeva di una redazione news, già durante la crisi del 1938 fece sentire agli americani la sua voce che, dalla Cecoslovacchia, attraversava l'oceano sulle onde corte della radio. Clooney ha incentrato il film sulle vicende che hanno visto Murrow protagonista, all'epoca delle esternazioni e del successivo sistema repressivo promosso dal senatore Joseph McCarthy: quando cioè il giornalista era ormai passato alla televisione e conduceva, sempre nella CBS, una rubrica settimanale di informazione chiamata See it now. Fu proprio durante alcune di quelle trasmissioni che Murrow puntò il dito contro la cecità della caccia alle streghe, fino ad arrivare ad una puntata speciale di mezz'ora, chiamata A Report on Senator Joseph McCarthy, in cui il politico statunitense veniva messo in contraddizione attraverso il montaggio di alcuni dei suoi discorsi pubblici. La trasmissione, e la successiva puntata in cui McCarthy tentò una difesa del proprio operato, contribuirono pesantemente al crollo dell'uomo politico: il potenziale persuasivo del mezzo televisivo, quindi, apparve in tutta la sua capacità deflagratoria.

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In conferenza stampa Clooney torna indietro con la memoria in un'epoca – quella della sua giovinezza – in cui negli Stati Uniti esistevano solo tre network; l'informazione, racconta l'attore-regista-produttore, arrivava nelle case degli americani da tre voci, non troppo dissimili tra loro, ed era compito dello spettatore mediare le notizie per crearsi una propria opinione su fatti rilevanti: la caccia alle streghe, la guerra in Vietnam, e così via. Oggi, lamenta Clooney, nella casa di un cittadino statunitense arrivano centinaia di canali televisivi, e ognuno va sul canale che racconta i fatti nella maniera in cui vuole sentirseli raccontare: questo fatto limita la capacità critica dello spettatore. "Non so cosa accada negli altri paesi", conclude, "ma certo non è pensabile poter tornare indietro a quell'epoca".
Sulla volontà di creare un caso politico, Clooney è molto deciso: "Nessuno ha pensato a fare un film politico. Tutti, certo, sanno cosa penso dell'amministrazione attuale: ma non ho preparato questo film per combattere il governo. Si tratta della narrazione di un momento particolare della storia degli Stati Uniti; del resto, quando si sentono i discorsi di Murrow ci si sente molto patriottici, perché Murrow, del nostro paese, sottolineava le cose che ci piacciono. Agli organizzatori forse è piaciuto l'aspetto politico, ma non è per questo motivo che il film è in concorso".
Non potendo dubitare dell'onestà intellettuale di George Clooney, non si può non osservare che il suo film capita anch'esso in "un momento particolare" della storia: statunitense ma non solo. Il potere persuasivo della televisione, dagli anni '50 in cui il tubo catodico aveva appena iniziato ad irraggiare le sue radiazioni ipnotiche, si è amplificato ed ha assunto dimensioni patologiche. Il divo di E.R. non può far finta di non saperlo.

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