VENEZIA 70 – “Les terrasses”, di Merzak Allouache (Concorso)
Le storie che si intrecciano e si dipanano tra Les terrasses sono bozzetti, piccole linee. Sono tracce di vita quotidiana, che, pian piano, si compongono nella totalità di un paesaggio in cui le cose e i personaggi hanno un tratto accennato, ancora volutamente indefinito. Ma a un’osservazione prolungata, a seconda di come cambia la luce, quei tratti possono anche raggiungere un’altra intensità
Le storie che si intrecciano e si dipanano tra Les terrasses sono bozzetti, piccole linee, tracce. Tracce di vita quotidiana, che, pian piano, si compongono nella totalità di un paesaggio in cui le cose e i personaggi hanno un tratto solo accennato, ancora volutamente indefinito. Ma a un’osservazione prolungata e ripetuta, a seconda di come cambia la luce, quei tratti possono anche raggiungere un’altra intensità, addensarsi in grumi di colore ruvido e grezzo o aprirsi in scie che hanno la forma di schegge più taglienti: il vecchio zio pazzo rinchiuso a chiave, il boss che arriva a estremi insospettati, un amore platonico proibito che finisce male. Allouache sembra sempre più impegnato a mostrare il riflesso terribile e sconosciuto dell’Algeria moderna. Si muove nella sua città dolente, dove si sorride, si spera e si suona ancora, ma dove non sembra esserci davvero più spazio per la leggerezza di un altro Omar Gatlato.
“Il caos ha raggiunto i tetti della case”, dalle strade alle terrazze. E forse è proprio questa prospettiva dall’alto a consentire allo sguardo di sorvolare sui dettagli, di mantenersi a una distanza di sicurezza dalle implicazioni più dirompenti, dai melodrammi e dalle tragedie. A garantire, in altri termini, la sostanziale tenuta dell’impalcatura, del film e del mondo. Sarebbe occorso ben altro tempo o precisione, per andare a fondo. Sarebbe stato necessario escludere e scavare. Dall'altezza delle terrazza, invece, è ancora possibile riconoscere un’ironia nella miseria e nella sfortuna, come fa il vecchio commissario in pre-pensionato. O immaginare la libertà dell’innocenza. Del resto all’occhio del dio, il caos è un accidente.