"Via dall'incubo", di Michael Apted

Il film di Apted non è solo un solido film di genere, ma soprattutto un'attraente ipotesi di un visibile che si libera dalla narrazione e che si abbandona ossessivamente sulle continue, imprevedibile geometrie disegnate dai movimenti dei protagonisti.

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Seduzioni mortali. Sulla figura di Jennifer Lopez, "corpo femminile sottratto" dopo quelli di Julia Roberts in A letto con il nemico e Ashley Judd in Colpevole d'innocenza, il cinema hollywoodiano replica, anche con Via dall'incubo, la struttura dell'accumulazione della tensione all'interno del thriller portando lo sguardo a coincidere con gli stadi d'animo, la paura e le fughe della protagonista Slim. Dietro una struttura da replicare sia narrativa (l'innamoramento della donna con il marito e la successiva "doppia personalità" di lui, il suo rapporto con l'amica, interpretata da Juliette Lewis che è sempre complice e la aiuta nei momenti più difficili) sia visiva (gli scatti di violenza improvvisi del marito, il fuori-campo che sembra sempre nascondere l'apparizione improvvisa), Via dall'incubo possiede anche quella capacità di rendere chiuso ogni spazio familiare, anche esterno, tipico della scrittura di Nicholas Kazan (autore delle sceneggiature di A distanza ravvicinata, Patty, la vera storia di Patricia Hearst e di Il mistero Von Bulow) con quella solida professionalità propria di Michael Apted. Certamente cineasta diseguale, discontinuo, Via dall'incubo rappresenta però, assieme a Gorky Park e Occhi nelle tenebre uno degli esiti più riusciti della propria filmografia. Dopo un inizio alquanto tirato il film prende traiettorie anomale per il genere, riprendendo quella commistione di complicità/estraneità tra madre e bambina con squarci del Cassavetes di Una notte d'estate – Gloria, e con la persistente sensazione di uno sguardo, parallelo a quello di Apted, che insegue sempre la protagonista e sua figlia (esemplare in questo senso è la scena in cui Slim si trova nell'abitazione provvisoria e viene osservata mentre dorme la notte o si trova in bagno la mattina). L'opera di Apted possiede continue aperture, come la coinvolgente scena in cui Slim comincia ad allenarsi per potersi così difendere dal marito, che rappresenta una forte, bellissima, rottura visiva del film e il finale, vertiginoso, con movimenti avvolgenti dall'alto che recupera quelle traiettorie verticali di Mission: Impossible di De Palma. Via dall'incubo dunque non è solo un solido film di genere (prodotto, tra gli altri, anche da Irwin Winkler), ma soprattutto un'attraente ipotesi di un visibile che si libera dalla narrazione e che si abbandona ossessivamente sulle continue, imprevedibile geometrie disegnate dai movimenti dei protagonisti.

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Titolo originale: Enough
Regia: Micael Apted
Sceneggiatura: Nicholas Kazan
Fotografia: Rogier Stoffiers
Montaggio: Rick Shaine
Musica: David Arnold
Scenografia: Doug Kraner
Costumi: Shay Cunliffe
Interpreti: Jennifer Lopez (Slim), Bill Campbell (Mitch), Tessa Allen (Gracie), Juliette Lewis (Ginny), Dan Futterman (Joe), Noah Wyle (Robbie), Fred Ward (Jupiter), Janet Carroll (Mrs. Hiller), Bill Cobbs (Jim Toller), Christopher Maher (Phil)
Produzione: E. Bennett Walsh, Rob Cowan, Irwin Winkler per Winkler Films/Columbia Pictures Corporation
Distribuzione: Columbia Tristar Films Italia
Durata: 115'
Origine: Usa, 2002

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