È un soggetto originale ma somiglia a un remake. Potrebbe arrivare da lontano, anzi dalle stelle (che hanno un ruolo fondamentale nel film), immaginandolo come una commedia francese rivisitata, tra Francis Veber e Coline Serrau. Volevo un figlio maschio ha infatti i tempi di una commedia familiare teatrale, fatta di sketch, colpi di scena, improvvise rivelazioni. Ma, come ha detto anche lo stesso Neri Parenti, che ha superato la soglia dei 50 film diretti, c’è anche il desiderio di girare un film fantasy.

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Alberto Gatti (Enrico Brignano) è padre di tre figlie femmine. La più grande pensa a uscire con il ragazzo di turno indossando abiti molto corti, la seconda suona il violoncello in ogni angolo della casa, l’ultima invece è fin troppo affettuosa con lui. Ora la moglie Emma (Giulia Bevilacqua) sta per partorire e Alberto vorrebbe avere un figlio maschio. In ospedale incrocia un misterioso individuo, Arturo De Sanctis (Mariano Rigillo). Al passaggio delle stelle, l’uomo improvvisamente ringiovanisce e Alberto, di colpo, si ritrova quattro figli maschi. Il suo desiderio sembra così esaudito. Invece lo aspettano altri guai.

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Tutto può iniziare da una scena, quella in cui Alberto alla finestra guarda i figli. Sembrano le attese di Ricky Tognazzi in Il cielo in una stanza quando aspetta il figlio di notte che tarda a rientrare in casa. Forse, rispetto al film di Vanzina (e anche ai due A spasso nel tempo), la magia qui è solo un flash. Anche in Da grande era solo questione di un attimo. Ma lì si assisteva di colpo a un altro film. In Volevo un figlio maschio invece il tono non cambia e il film replica stancamente le gag giocando sugli opposti (i figli maschi hanno caratteri totalmente diversi dalle femmine), ripetendo l’equivoco con il suo capo (Maurizio Casagrande) e spegnendo quella luce fantasy, anzi più sognante che invece era apparsa più volte nel cinema di Neri Parenti a cominciare da quella magica con cui Luke Perry appare a Cristiana Capotondi in Vacanze di Natale ’95. Il regista trova ancora qualche spunto divertente (la cena con le figlie e la moglie che gli impongono una dieta a base di tofu, kiwi e prugne secche), guarda a Salce/Fantozzi nella scena in cui Alberto sente di nascosto la partita al saggio di violoncello della figlia. Ma il film mostra già di essere alle corde dal momento in cui appaiono i figli maschi. Poteva essere un soggetto adatto per Paolo Villaggio negli anni ’80 e ’90, proprio come scheggia impazzita, come corpo gag come nel grandioso Ho vinto la lotteria di Capodanno. Ma il corpo e la mimica di Enrico Brignano gli fanno prendere altre strade. Qualche risata il film la strappa, ma il ritmo non è scatenato come nel miglior Parenti degli anni ’80 e ’90 (anche in qualche cinepanettone anni Duemila tra Merry Christmas e Natale in crociera) ma solo sbilenco. Resta solo la nostalgia ben rappresentata da Father and Son di Cat Stevens e si affaccia la possibilità di un possibile sequel che si spera possa essere più ispirato e movimentato.

Regia: Neri Parenti
Interpreti: Enrico Brignano, Giulia Bevilacqua, Mariano Rigillo, Maurizio Casagrande, Samira Finotti, Giulia Tumbarello, Edoardo Giugliarelli, Massimo Quagliata, Roberta Volponi, Tommaso Guidi, Clizia Fornasier, Giovanni Guardiano, Lallo Circosta, Maurizio Marchetti
Distribuzione: Medusa
Durata: 102′
Origine: Italia, 2023

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