Women Talking – Il diritto di scegliere, di Sarah Polley

Una visione potente, e mai sensazionalistica, di come sia possibile riconfigurare le strutture delle società patriarcali, attraverso la sola forza del dialogo. Forse il film definitivo dell’era #MeToo

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Per come la vedo io, noi donne crediamo di avere diritto a tre cose” sussurra Mariche (Jessie Buckley) tra il dolore e le lacrime, in seguito all’ennesima violenza subita “Vogliamo che i nostri figli siano al sicuro. Vogliamo essere salde nella nostra fede. E vogliamo pensare”. Questi tre concetti, verbalizzati forse nel momento più nevralgico e delicato di Women Talking, sottolineano non solo i desideri in-espressi occultati da una vita di silenzi, ma l’istante stesso in cui le otto protagoniste si (auto)determinano in quanto donne. Perché fino a quel momento, ogni espressione o presa di coscienza di natura femminile non aveva avuto la possibilità né il diritto di svilupparsi all’interno di un sistema così apertamente patriarcale come quello della colonia, fondato proprio sulla negazione delle esperienze non-egemoniche – e quindi contrarie al paradigma maschile.

Quel che Sarah Polley suggerisce con le parole di Mariche è, in questo senso, la messa in questione del patriarcato, e delle strutture con cui silenzia le esperienze femminili. In Women Talking – adattato dall’omonimo romanzo di Miriam Toews – le otto donne parlano e quindi esprimono (forse per la prima volta nelle loro vite) pensieri che cozzano contro le logiche dominanti imposte dallo stesso “regime maschilista” in cui agiscono. Al punto che la colonia mennonita in cui sono costrette a vivere, una sorta di “comune” ultra-religiosa ubicata (ipoteticamente) nella wilderness nordamericana, concede di fatto libertà di espressione solamente ai biechi uomini che la abitano, inclini anche a narcotizzare le mogli-oggetto pur di esercitare la propria egemonia sull’altro sesso. Eppure il film, come ci anticipa il titolo, non è interessato a narrare le azioni maschili: nel suo racconto c’è spazio solo per le donne. Finalmente libere di re(agire) ad ingiustizie laceranti non più concepite o tollerate come sopportabili.

In seguito all’ennesimo stupro collettivo perpetrato dagli uomini della colonia, e culminato con l’abuso sessuale di una bambina di 4 anni, vediamo un gruppo di donne riunirsi in un fienile per discutere dei modi in cui sottrarsi a questo delirio di violenza e prevaricazioni: c’è chi come Salome (Claire Foy) spinge per lasciare la colonia; chi come Mariche è incerta se rimanere o fuggire, e chi come Ona (Rooney Mara) media tra le varie parti. Ognuna ha la propria idea di libertà, e la esprime attraverso il confronto dialettico. Ed è in questo spazio ontologicamente femminile, in cui a prevalere sono le parole, i sentimenti e i corpi delle (numerose) protagoniste, che Women Talking muove tutte le sue istanze di auto-determinazione, per definire una realtà nel contempo “autarchica” e radicale. Dove il desiderio femmineo, ora espresso, verbalizzato, e discusso, non ha più alcuna ragione di essere negato.

E in questo senso, Sarah Polley ha la grande lucidità di configurare il fienile come uno spazio propriamente utopico, in netta opposizione alla distopia stabilita dagli uomini/predatori. Al suo interno tutto ruota attorno al potere liberatorio della parola, che offre alle donne – anagraficamente e caratterialmente distanti – la possibilità di raggiungere una comunità di destini, al di là delle divergenze che le separano. E Women Talking sa bene che per poter catturare queste esperienze in un’unica immagine di libertà, deve arrivare ad intrecciare il micro (cioè la realtà “utopica” del fienile) con il macro, ovvero con tutte le logiche patriarcali della colonia, e per estensione dell’America – e quindi della Hollywood contemporanea.

Da questa prospettiva, la controparte del conflitto, cioè gli uomini, non la vediamo mai. Eppure la loro presenza serpeggia continuamente in questo spazio, materializzandosi nelle ferite (sia fisiche, che emotive) delle donne. E non è un caso che l’unico uomo a cui il film concede di parlare sia August, un insegnante istruito e onesto, interpretato da un attore, come Ben Whishaw, così innegabilmente lontano da quell’immagine di tossicità mascolina contro cui le artiste di Hollywood si stanno battendo negli ultimi anni. Insomma, al di là di alcuni trionfalismi nell’epilogo, Women Talking dimostra che nel cinema hollywoodiano è ancora possibile articolare un discorso lucido sulle conseguenze del #MeToo, senza ricorrere ad allegorie di superficie o stucchevoli sensazionalismi. È proprio questo, forse, il grande merito del film. Di un racconto che non ha alcun timore a mostrare le ferite e le fallibilità delle sue protagoniste, pur di presentarle in tutta la loro (deflagrante) umanità.

Titolo originale: Women Talking
Regia: Sarah Polley
Interpreti: Claire Foy, Jessie Buckley, Rooney Mara, Ben Whishaw, Judith Ivery, Sheila McCarthy, Michelle McLeod, Kate Hallett, Liv McNeil, August Winter, Frances McDormand, Kira Guloien, Shayla Brown, Emily Mitchell, Eli Ham
Distribuzione: Eagle Pictures
Durata: 104′
Origine: USA, 2022

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4
Sending
Il voto dei lettori
2.39 (18 voti)
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