X-Men – Apocalisse, di Bryan Singer

Apocalypse si rassegna alla mutazione dello spettatore cinematografico. Quello che accade nel film interessa sempre meno rispetto alla curiosità di sapere come è accaduto quello che ha già visto…

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Il franchise di X-Men è l’unico ad essere rimasto nelle mani esterne della Fox e a non essere tornato sotto il controllo diretto della Marvel. La sua evoluzione è una delle poche chance rimaste per capire se il genere resterà su un sentiero cinematografico o se invece è condannato ad appiattirsi su una politica editoriale. La presenza di un regista come Bryan Singer dovrebbe almeno garantire una forma di resistenza prima di un’altra resa incondizionata al meccanismo narrativo del to be continued. Le difficoltà di partenza non erano sufficienti e Apocalypse deve affrontare anche il pericolo esclusivamente hollywoodiano del terzo capitolo. La consapevolezza del rischio viene affidata ad una battuta di una giovane Jean Grey e ad uno dei tanti ammiccamenti della serie al fandom che accorre ai ComiCon e ormai determina il successo o la debacle di un blockbuster. La ragazza esce da una sala con degli altri ragazzi dotati di Charles Xavier dopo aver visto The Return of the Jedi in prima visione. Il parere unanime della comitiva è una profetica sentenza per cui l’ultimo film è quasi sempre il peggiore rispetto agli altri. Il leit-motiv della ricostruzione storica che ha caratterizzato la trilogia si ripete nuovamente anche se questa volta gli eroi non tentano di cambiare direttamente il corso degli eventi.

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x-men apocalisse bryan singerIl clima di questo lungo prequel richiama il passato sin da First Class del 2011 e ha sempre insistito sul parallelismo tra lo scenario reale e quello della finzione. Il mondo della guerra fredda è sempre sull’orlo della catastrofe nucleare ma anche su quello di un’estinzione darwiniana davanti all’inarrestabile ascesa dei mutanti. Apocalypse fa risalire il conflitto finale addirittura alla notte dei tempi nel lungo prologo nell’Egitto di tremila anni prima di Cristo e fa rivivere il primo superpotente nel contesto pre-tecnologico del 1983. La sua temibile figura si è tramandata nei testi sacri come l’incarnazione della fine definitiva e i suoi quattro scudieri mutanti sono stati identificati da sempre come i cavalieri dell’ultima ora della civiltà.

jennifer lawrence evan peters x-men apocalisseBryan Singer può rivendicare un ruolo di paternità sul superhero-movie visto che X-Men del 2000 ha aperto la strada all’invasione di tutti gli personaggi creati da Stan Lee. La sua mano è rimasta più o meno indifferente all’evoluzione estetica degli ultimi quindici anni e cede soltanto alla tentazione di distruggere un’intera città in pochi minuti. Il doppio piano temporale dello script di Days of Future Past del 2013 non viene ripetuto e questo rende il racconto complessivamente meno avvincente. La sceneggiatura vive l’incombenza di dover legare le due trilogie tra di loro e inciampa soprattutto quando deve giustificare l’inattesa e gratuita comparsata di Wolverine. Il villain d’occasione è sostanzialmente onnipotente visto che ha assimilato il potere di decine e decine di mutanti nel corso dei millenni ma deve accettare una convivenza con l’ingombrante carisma di Magneto. Il loro sodalizio si fonda sulla stessa tendenza nichilista verso l’umanità ma i due si sottraggono le forze invece di moltiplicarle. Lo spettatore sa già in partenza chi è di passaggio e chi resterà e non ha dubbi su quale sia il personaggio da seguire con più attenzione. La sequenza in cui si consuma l’ennesimo fallimento della buona fede del mutante ribelle è molto più riuscita di quella in cui il semidio annienta tutto l’arsenale atomico del mondo. Il suo potere potrebbe distruggere il pianeta e i suoi abitanti ma in una scala più ridotta fatica a bucare lo schermo. Lo scontro tra il positivismo idealista di Charles Xavier e il risentimento omicida di Magneto è il motore tragico della saga dei mutanti e nemmeno il timore autoritario del primo padre riesce a metterli d’accordo. La loro relazione di amore/odio è la prima civil war ma anche in questo caso la saga non ci ha mai creduto fino in fondo e ha sempre limitato il suo potere. Il filo narrativo principale della salvezza della Terra perde di appeal davanti all’interesse verso delle parti secondarie e le relazioni che catturano molto di più l’attenzione di chi guarda. Come si sono conosciuti Scott Summers e Jean Grey? Quanto è credibile il nuovo Nightcrawler? Come si ridefinisce la posizione di Mystica all’interno di due schieramenti sempre più ostili? Gli intermezzi relativizzati alla velocità di Quicksilver sono più riusciti di quasi tutto il resto del film. Apocalypse dimostra che il pubblico fa sempre più fatica a rapportarsi ad una storia autoconclusiva e ormai è immerso nel concetto di continuity. Quello che succede sul momento gli interessa sempre di meno rispetto alla curiosità di sapere come è accaduto quello che ha già visto.

Titolo originale: X-Men – Apocalypse

Regia: Bryan Singer

Interpreti: Michael Fassbender, James McAvoy, Jennifer Lawrence, Nicholas Hoult, Rose Byrne, Oscar Isaac, Tye Sheridan, Sophie Turner

Distribuzione: 20th Century Fox

Durata: 143′

Origine: USA, 2016

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    Un commento

    • purtroppo le ultime due frasi della recensione fanno il punto sul mondo dei cinecomics e degli universi condivisi in generale