"xXx 2 – The Next Level", di Lee Tamahori

Il secondo capitolo della saga dedicata all'anti James Bond denota un cambiamento di rotta e una tendenza a un umorismo demistificatorio che annulla qualsiasi velleità che non sia quella di offrire uno spettacolo fracassone e divertente.

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Come si ricorderà il primo xXx nasceva come tentativo di adeguare i topoi del jamesbondismo a un'estetica ipertrofica e a un personaggio maggiormente grintoso dell'agente segreto inglese in doppiopetto. Con questo secondo capitolo, complice – presumiamo – la defezione del regista Rob Cohen e dell'attore Vin Diesel, la saga dimostra di non voler/poter più praticare la strada originaria, ma di voler assumere la caratura di progetto in continua mutazione, dove varie tipologie di agente segreto si alterneranno sotto la "griffe" della tripla X. Seguendo un processo del quale Bond è rimasto suo malgrado vittima, quello dell'iconizzazione, si privilegia dunque il marchio al personaggio, magari tentando di dare a ogni capitolo una sua specificità.

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Per questo, se il primo film era una rivisitazione del jamesbondismo, questo sequel appare inizialmente come un tentativo di adeguare l'estetica fracassona della saga al cinema black. Il regista Lee Tamahori, comunque, innesta un umorismo demistificatorio nel tessuto filmico, lasciando che i cliché collegati alla cultura nera (il rap, la tendenza a restare ai margini, l'iperattività) implodano mediante una loro continua irrisione (si vedano le varie gag che negano sempre la possibilità di un rapporto sessuale fra Stone e le donne che incontra).

Allo stesso tempo il film viene sottoposto a una strana torsione per cui l'anelito progressista insito nell'eroe reietto e opposto al politico ultrareazionario non produce un'idea di alternativa al sistema: viceversa Darius Stone si pone come agente al servizio di uno status quo che si vuole mantenere e che risulta incarnato da un poco credibile Presidente, incline al dialogo con gli stati canaglia e contornato da un'aura macchiettistica.


Pertanto il film gioca a esibire il vuoto pneumatico di un progetto che, nato per mano di una major, altro non vuole essere che una fracassona macchina da soldi, intinta in un'estetica cool fatta di uomini virili, donne procaci, auto fiammanti, armamentari da guerra mondiale e appartamenti ultralussuosi.


Tutto nel film è sopra le righe e proprio questa coerenza conferisce onestà (e una certa innocenza) al progetto, che permette al pubblico di lasciarsi travolgere dal contagioso divertimento di un'opera puramente divertente. Un tipico esempio di quella che, con notevole illuminazione, John Landis una volta definì "exploitation dei nostri giorni, con un tasso altissimo di demenzialità e senza una trama comprensibile".


Al regista va inoltre riconosciuto il merito di aver saputo assecondare questo tono frivolo, dosando bene i tempi e permettendo al concatenarsi delle scene di non triturare il film. In questo modo, nonostante la storia sia condensata in una durata abbastanza breve, il ritmo risulta molto denso, ma al contempo si evita l'effetto saturazione alla Van Helsing e si esce dalla sala soddisfatti, senza preoccuparsi troppo di alcune coreografie poco riuscite o di effetti speciali non sempre perfetti. In fondo, almeno stavolta, è la quantità a fare la differenza, l'importante è non prendere il film troppo sul serio.

Titolo originale: xXx – State of the Union


Regia: Lee Tamahori


Interpreti: Ice Cube, Samuel L.  Jackson, Willem Dafoe, Scott Speedsman


Distribuzione: Sony Entertainment


Durata: 100'


Origine: Usa, 2005

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