"Chiedi alla polvere", di Robert Towne

In "Chiedi alla polvere" ciò che resta è il limite espresso da un confrontarsi con la realtà materiale e temporale del trauma, che misura l'insufficienza della "via intellettuale" rispetto al percorso ben più complesso dell'esistenza.

--------------------------------------------------------------
CORSO DI SCENEGGIATURA ONLINE DAL 6 MAGGIO

--------------------------------------------------------------

Chissà perché le immagini nel loro trasparire sembrano riprodurre la disseminazione del desiderio, la sua dispersione lungo i gradi del possibile. Il desiderio percepito come mancanza, in un intimo comprendere la vita, avvertibile dall'eccentricità di un sentire, in cui i sentimenti sembrano confondersi all'immaginario, quella materia invisibile, impalpabile e umbratile del pensiero che scuote i sensi e la volontà, che affascina gli sguardi, i gesti e i movimenti che ordiscono il tessuto "narrativo" di ogni singola esistenza. In Chiedi alla polvere, tratto dal romanzo omonimo di John Fante, Robert Towne (sceneggiatore di film come Chinatown, Greystoke, Shampoo e regista di Tequila connection e No limits) filma i conflitti e l'amore tra Arturo Bandini (Colin Farrell), un giovane aspirante scrittore, e Camilla Lopez (Salma Hayek), una cameriera messicana, nell'America della Depressione. Quello di Towne è uno sguardo che scivola sugli oggetti (la macchina da scrivere di Arturo, i sandali di Camilla), tenendosi distante da tutto il resto; i corpi, i loro segni e le loro tracce, gli interni delle abitazioni e il paesaggio (la Los Angeles degli anni trenta) appaiono come sospesi, fermi in un tempo senza tempo. Il suo vedere è un "avere a distanza", che si limita a seguire i corpi nelle loro fughe, nel tentativo di materializzare lo stato d'animo del desiderio nella sua eccentricità (l'andare e venire di Arturo dalla stanza dell'albergo al bar dove lavora Camilla). In Chiedi alla polvere tutto è accaduto e riaccade, come in una scrittura che non perde d'occhio ciò che sta raccontando. Cinema troppo impegnato a raccontarsi senza esporsi e, pertanto, mancante di quella assunzione dolorosa e partecipe dello sguardo, solo accennata da quel sordo senso di colpa del protagonista espresso nella sua ossessione per la fragile e povera esistenza degli uomini (la sequenza del terremoto e la morte della donna innamorata dello scrittore sembra voler rivelare senza remissione l'orrore illimitato del vivere e del morire). Qui ciò che resta è il limite espresso da un confrontarsi con la realtà materiale e temporale del trauma, che misura l'insufficienza della "via intellettuale" rispetto al percorso ben più complesso dell'esistenza (la prima pagina del romanzo che Arturo riuscirà a pubblicare è la narrazione sincera di uno spaccato della sua vita, che solo dopo l'insistenza di Camilla egli accetterà di inserire nell'opera). Le immagini del film di Towne sembrano aprirsi solo nel finale, quando il regista insegue l'allargarsi del dolore sul paesaggio (l'aridità del deserto californiano), in un vuoto, forse cercato per tutto il film, che sembra configurarsi a partire da un'attesa di nulla, da uno sguardo spoglio che manda in frantumi la "dimora" compiaciuta della forma.

--------------------------------------------------------------
#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

--------------------------------------------------------------

Titolo originale: Ask the Dust
Regia: Robert Towne
Interpreti: Colin Farrell, Salma Hayek, Donald Sutherland, Eileen Atkins, Dion Basco
Distribuzione: Moviemax
Durata: 105'
Origine: USA, 2006

--------------------------------------------------------------
CORSO ONLINE SCRIVERE E PRESENTARE UN DOCUMENTARIO, DAL 22 APRILE

--------------------------------------------------------------

    ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI SENTIERI SELVAGGI

    Le news, le recensioni, i corsi di cinema, la riviste, i libri, gli eventi e tutte le nostre iniziative


    Array