"Beverly Hills Chihuahua", di Raja Gosnell

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Beverly Hills Chihuahua dimostra come ormai si possa parlare di una Disney Reinassance: quando manca del tutto la verve degli incontri/scontri con la Pixar, accorre quel riuscito cocktail di buoni sentimenti, ironia e brio che fa sempre colpo sui pre-teen occidentali. Il conseguimento del progetto (milioni di dollari a palate e vecchie favole morali) non ammette però deviazioni, e quindi non prevede alcuno slancio.

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beverly hill schihuahuaLa buona notizia è che la produzione di film come Beverly Hills Chihuahua dimostra come la Disney goda ormai di ottima salute, dopo la crisi di metà anni novanta. Certo, potrebbe anche essere una notizia cattiva: il ritrovato feeling con il pubblico permette ormai allo studio di realizzare anche film opachi come questo, allestiti con la certezza che troveranno puntualmente un mercato sicuro: il pericolo è quindi quello che si arresti quel processo di ricerca e di rinnovamento inaugurato dal coraggioso sodalizio con la Pixar. Il merito della riscossa non è tanto nell’inventiva di questa Disney Reinassance, che nel caso di Beverly Hills Chihuahua è appunto latitante, quanto in un marchio che ha ormai ritrovato l’antico splendore e l’affidabilità dei tempi d’oro. Di quegli anni cioè in cui si producevano in serie i mai dimenticati – almeno per una certa generazione – titoli con Dean Jones, destinati per lo più al mercato periferico dell’Europa. Il merito è quindi tutto di quel sempre riuscito cocktail di buoni sentimenti, ironia e brio che fa di nuovo colpo – astutamente aggiornato al linguaggio e ai contrasti tipici dei nuovi pre-teen occidentali – su un pubblico ancora da svezzare. In questo senso, Beverly Hills Chihuahua è talmente prevedibile da diventare un film senza alcun tipo di rischio. Per chi ha superato i dieci anni, solo un’incrollabile fiducia nel potere del cinema può allontanare dallo sbadiglio; per chi non ha ancora superato quella soglia, le avventure ad altezza cane (l’unica trovata, se si può definire tale) del chihuahua Chloe rappresentano nello stesso momento un’occasione di divertimento e di educazione sociale: il viziato animale (e così la sua frivola padrona, che in un altro tipo di film sarebbe stato il tipico soggetto da rehab) scopre il valore delle cose importanti buttando le calzette firmate, e sporcandosi le zampe nelle strade di Città del Messico. Raja Gosnell, ex-montatore per altro abituato a realizzare opere studiate a tavolino come Scooby-Doo, si eclissa davanti al predominio assoluto del progetto, che del resto non ammette deviazioni, e quindi non prevede nessuno slancio. La vittoria è sempre e comunque della Disney, che con un investimento collaterale e poco impegnativo come questo si è portata a casa più di cento milioni di dollari, strizzando felicemente l’occhio – la presenza di un volto noto della televisione sudamericana come Manolo Cardona – al pubblico messicano, risorsa le cui potenzialità sono ancora tutte da scoprire.

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Titolo originale: id.

Regia: Raja Gosnell

Interpreti: Piper Perabo, Jamie Lee Curtis, Manolo Cadorna
Distribuzione: Walt Disney Pictures
Durata: 91’

Origine: USA, 2008

 

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