A spasso con Bob, di Roger Spottiswoode

Film piuttosto riuscito e calibrato, sa miscelare e stemperare le varie anime che lo compongono mettendosi al servizio della storia. Eppure allo stesso tempo appare un ibrido edulcorato e patinato

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Bob è un amico sincero, fedele e affettuoso. Quando entra nella vita di James, giovane musicista senzatetto con un passato di tossicodipendenza che continuamente si riaffaccia nella sua fragile esistenza, tutto cambia. Poco importa che Bob sia un gatto, un bellissimo gatto rosso randagio, perché il rapporto di empatica vicinanza che si sviluppa tra i due è fatto di sguardi e istinto animalesco. E tenacia, l’assoluta tenacia di un felino che ha scelto il suo padrone e ha deciso di rimanergli accanto nonostante tutto. Forse è davvero questa l’unica cosa in grado di salvare finalmente James dal baratro: avere qualcuno da amare e del quale prendersi cura potrebbero fare la differenza stavolta. Tratto dal bestseller autobiografico A Street cat named Bob (2012),bob_gatto2 A spasso con Bob racconta la vera storia dell’inglese James Bowen e dell’incontro con il gatto Bob (che nel film interpreta se stesso), del difficile percorso di disintossicazione e reinserimento nella società, delle giornate passate a suonare a Covent Garden e in giro per Londra, e della straordinaria fama raggiunta dal busker James grazie alla compagnia speciale di questo inseparabile amico.
Il film, che vede alla regia il canadese Roger Spottiswoode, con la sua più che trentennale esperienza – attivo negli anni ’70 come montatore (ha lavorato anche per Peckinpah) e dietro la macchina da presa sin dagli anni ’80, seppur con risultati altalenanti – gode della mano ferma e sicura del regista, che non è nuovo al ritratto filmico del rapporto tra uomo e animale (Turner e il casinaro, Il mio amico Nanuk), per scivolare senza intoppi dall’inizio alla fine. E ha tutte le carte in regola per affascinare: la storia, vera, di questa straordinaria amicizia, in grado di intenerire anche il cuore più cinico, lo sguardo diverso dalla solita filmografia sul mondo felino, il tentativo di mettere in scena tutto quel mondo di invisibili che spesso una società cinica e distratta dimentica non solo di guardare ma anche di vedere.

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In questo senso A spasso con Bob può dirsi un film piuttosto riuscito e ben calibrato, che sa miscelare e stemperare le varie anime che lo compongono mettendosi al servizio della vicenda che racconta. Eppure allo stesso tempo appare un ibrido edulcorato e patinato, avviluppato nella sua tensione all’happy ending, bob_gatto6una sintesi poco riuscita tra le tinte melodrammatiche di Hachiko-Il tuo migliore amico, di Lasse Hallström e la diretta semplicità di Once, di John Carney. Il film funziona meglio là dove spinge di meno sulla retorica disneyana ed evita la ricerca dell’abbraccio globale, quando si perde nella degustazione del genuino rapporto affettivo tra uomo e gatto, nella sua ricerca del punto di vista di Bob, negli spiragli all’interno dell’anima fragile di James, o nelle autocitazioni divertite (come la ricorrente pubblicità di Midnight Sun, da noi uscito come Il mio amico Nanuk, sull’autobus che James prende tutti i giorni). Peccato solo che la sua atmosfera natalizia sembri condannarlo ad avere ben meno di nove vite.

Titolo originale: A Street Cat Named Bob
Regia: Roger Spottiswoode
Interpreti: Luke Treadaway, Ruta Gedmintas, Bob (the Cat)
Distribuzione: Notorious Pictures
Durata: 102’
Origine: UK, 2016
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