#Venezia73 – La ragazza del mondo, di Marco Danieli

Il film tra nel mondo dei Testimoni di Geova con rispetto. Più per capire che per raccontare. Ma, nell’incertezza del percorso da seguire, il disegno resta a metà. Giornate degli Autori

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Qual è l’esatta vocalizzazione del nome di Dio? Non si sa… del resto non può nominare invano che ne accoglie pienamente la parola, infallibile. E magari la rispetta, alla lettera.

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Marco Danieli, al suo lungometraggio d’esordio (prodotto dal Centro Sperimentale di Cinematografia), entra in un mondo di cui conosciamo solo i contorni, quello dei testimoni di Geova. Accompagnato nella fase di ricerca e scrittura da Antonio Manca, si muove con rispetto. Giustamente. Apre le porte delle Sale del Regno, ma non lascia trapelare giudizi di sorta. Cerca di capire, prima ancora di raccontare. E si pone completamente nel punto di vista della sua protagonista, Giulia, figlia maggiore di una famiglia di testimoni. I suoi giorni si svolgono nell’osservanza della parola, l’attivo impegno in comunità, la predicazione della buona notizia del Regno. All’apparenza è perfettamente appagata dalla sua vita. Ma ci sono, sottotraccia, dei segni di tensione. La sua naturale inclinazione per la matematica la spingerebbe a continuare gli studi all’università, contro il parere della famiglia. E il parere, in una comunità chiusa che vede il mondo esterno come minaccia del peccato, ha il valore di un’imposizione. Per di più, durante i suoi giri di predicazione, conosce Libero, un ragazzo che ha appena scontato un anno di carcere per spaccio di droga. E comincia a provare un’attrazione nei suoi confronti. Attrazione proibita, secondo le regole dei testimoni. Il rischio più grave, in questi casi, è la disassociazione, cioè subire l’espulsione dalla comunità e tornare a essere una persona del mondo, nei cui confronti tutti gli altri fedeli devono evitare qualsiasi contatto.

pippo-delbono-la-ragazza-del-mondoLa norma e il desiderio. È tutto in questo conflitto il dramma di Giulia e, dunque, dell’intero film, che sta addosso al volto fiero di Sara Serraiocco. Un dramma che dovrebbe crescere in maniera esponenziale, a mano a mano che le norme si fanno più vincolanti, stringenti. Ma di questa gabbia coercitiva della regola, La ragazza del mondo ci lascia intravedere più la superficie che l’intera dimensione. Il fatto è che Danieli sceglie di seguire il percorso di crescita, abbandonando a metà il disegno dell’insieme. Ovviamente tralascia del tutto le convinzioni teologiche dei testimoni di Geova, ma, forse nel timore di intervenire a gamba tesa, sorvola fugacemente anche sui risvolti pratici della dottrina. Tutta la spinosa questione della disassociazione, ad esempio, viene raccontata dalla prospettiva di Giulia, che si ritrova improvvisamente senza una casa in cui tornare, fino a provarne un’ovvia nostalgia. Ma l’ostracismo non viene mai mostrato nelle sue effettive implicazioni e conseguenze. Anzi, a un certo punto, il film prende tutt’altra piega, scivolando verso le derive a tinte nere della droga e della malavita, in cui rimane invischiato il personaggio di Libero. Sembra un trapianto forzato di toni e atmosfere che con il corpo fondamentale del film c’entrano poco. E la tenuta dell’impianto è minata, nonostante la grandissima forma di Michele Riondino, che con la sua interpretazione nevrotica ed eccessiva fa da contraltare alla misura di Pippo Delbono (di implacabile gentilezza) e di Marco Leonardi (che però sembra, come sempre, covare un’inquietudine rabbiosa devastante). È come se il film, in mezzo a due percorsi, rimanesse in mezzo al guado, senza riuscire a sbarcare né su una riva né su un’altra. E a farne le spese è anche la vicenda sentimentale tra Giulia e Libero, di cui non riusciamo a cogliere a pieno i motivi, all’inizio e alla fine della storia… Se non magari la giovane età di lei. Ecco. Resta l’emozione di un delicato ritratto. Una ragazza in cerca della sua libertà. Lei saprà trovare la sua strada, c’è da giurarci.

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