28/12/2004 – Vertenza spettacolo. Veltroni: "la cultura e' una priorita' del paese"

Lo Stato deve ancora svolgere una funzione importante per evitare una crisi di sistema

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"Se funzionano i nostri musei, se funziona il nostro cinema, il nostro teatro, la nostra vita culturale, allora funziona meglio il turismo, funziona meglio l'economia complessiva del Paese. Quindi non c'è nulla di più sistemico dell'investimento che si fa nel campo della produzione culturale". Così, sul Giornale dello Spettacolo, il sindaco di Roma, Walter Veltroni, per il quale: "Una delle opportunità italiane è senz'altro costituita dalla costruzione di programmi di investimento in attività culturali. Basta guardare la vita di molte città, segnata fortemente da un'attività culturale di primissimo livello, realizzata quasi sempre con risorse proprie e che ha sostenuto validamente l'economia del turismo. Attività spesso affrontate interamente o quasi con investimenti locali e che, invece, in molti casi potrebbero avvenire con risorse nazionali".
Veltroni fa anche l'esempio di quando il governo del centrosinistra doveva centrare l'obiettivo di Maastricht: "tagliammo 125.000 miliardi ma riuscimmo comunque a fare aumentare il Fondo Unico per lo Spettacolo proprio perché ci sembrava che nel quadro di questo taglio bisognasse indicare delle priorità al Paese, e che una di queste priorità fosse esattamente la scelta nel campo della politica culturale, dello spettacolo e dei beni culturali. E anche perché ho l'impressione che l'11 settembre abbia segnato un'indubbia stagione di incertezza, nella quale l'intervento degli sponsor privati si è affievolito. Considerate anche la sfavorevole congiuntura economica e le ristrettezze delle varie leggi finanziarie: se, dal punto di vista degli investimenti, lo Stato, le regioni, i comuni non fanno la loro parte, non essendoci più una mole di investimenti privati disponibili, rischiamo di avere una situazione di grave crisi del sistema".
Veltroni punta anche l'attenzione sul federalismo: "Ho sempre ritenuto che lo Stato debba continuare a svolgere una funzione importante, tanto più in un'Europa che si va raffigurando a due velocità. E' decisivo che non si indebolisca la forza dello Stato come riferimento di una politica nazionale nel campo della cultura, affinché non si disperda il nostro "peso" contrattuale su questioni delicate e importanti, su quelle decisioni che comunque dovranno essere prese a livello europeo in ambito culturale. Al tempo stesso, penso che, invece, ci siano ambiti nei quali la collaborazione tra Stato, Regioni e Comuni debba essere molto stretta".

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