38.mo FESTIVAL DI KARLOVY VARY – Ozpetek, un trionfo per il cinema d'identità

"La finestra di fronte" vince tutto e porta a casa i premi per il Miglior Film, la Miglior Regia e la Migliore Attrice: un tris che di certo fa piacere, anche se, con la sua esuberanza, finisce con l'escludere l'ottimo "The Coast Guard" di Kim Ki-duk

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KARLOVY VARY – Era negli auspici e nelle possibilità, ed ora la notizia è da mettere in cronaca con una certa soddisfazione: "La finestra di fronte" di Ferzan Ozpetek ha praticamente trionfato al 38.mo Festival Internazionale del Cinema di Karlovy Vary, e questa è la prima volta che un film italiano vince da queste parti. La giuria della prestigiosa kermesse esteuropea ha infatti assegnato al di Ozpetek non solo il Globo di Cristallo per il Miglior Film, ma anche il Premio per la Migliore Regia e il Premio per la Migliore Attrice, spartito da Giovanna Mezzogiorno con la francese Sylvie Testud, protagonista di "Stupeur et tremblements", il bel film di Alain Corneau che, assieme all'ottimo "The Cost Guard" di Kim Ki-duk, era tra gli altri favoriti della competizione.

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Un tris di premi che di certo fa piacere – anche se, con la sua esuberanza, finisce con l'escludere soprattutto il film del grande regista sudcoreano, che di sicuro avrebbe meritato un riconoscimento più sostanzioso del Premio della Città di Karlovy Vary infine assegnatogli… Un tris che piace, in particolare perché promuove ulteriormente a livello internazionale un film come "La finestra di fronte" e un autore come Ferzan Ozpetek, al quale non si fatica certo a riconoscere da sempre le qualità di chi sa fare un cinema sincero e profondo, d'identità e di spiazzamenti, capace di affidarsi al potere catartico e fondativo della narrazione con una fiducia e una intelligenza oggi tanto inusitate da apparire "classiche". Un tris che, tra l'altro, comprende anche il meritato riconoscimento a Giovanna Mezzogiorno, che tra le nostre attrici è oggi quella che forse maggiormente sa vibrare e lavorare sulla sostanza intima della performance attoriale (basti ricordare cosa ha fatto in "Del perduto amore" di Michele Placido…). E infine, un tris che corona una partecipazione italiana al 38.mo Festival di Karlovy Vary che, per una volta, ci ha permesso di andare orgogliosi del nostro cinema, potendo andare in giro a raccomandare ai colleghi della stampa e dei festival internazionali anche opere come "Giovani" dei fratelli Mazzieri e "Respiro" di Emanuele Crialese, presentate nelle sezioni parallele della kermesse esteuropea.


Insomma un bel bottino, che ci riporta a casa con soddisfazione, a conclusione di un'edizione del festival di sicuro ricca di stimoli e prospettive, anche se apparsa nell'insieme un po' più opaca degli altri anni. Colpa, di sicuro, di una contigenza internazionale che, a detta di tutti gli inviati dei festival, non appare certo positiva: i buoni film latitano e la concorrenza tra i grandi appuntamenti internazionali è spietata, sicché si rischia di navigare al buio. E' anche vero che questa 38.ma kermesse cinematografica ceca ha comunque offerto, come di consueto, uno sguardo a 360° sulle possibilità presenti e future del cinema mondiale, tenendo a cuore in particolare i destini di un cinema europeo (e segnatamente esteuropeo) che appare ad un tempo vivace di potenzialità e al limite dell'empasse.

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Nel palmarés del Festival, del resto, va rimarcata anche la presenza di un film di grande intelligenza come "Stupeur et tremblements" di Alain Corneau, sorta di saggio in forma di commedia sul rapporto tra la cultura occidentale e quella giapponese, basato sul libro autobiografico di Amélie Nothomb e scritto sul volto, giustamente premiato, della sempre più notevole Sylvie Testud. E' lei la stagista francese affascinata dalla cultura giapponese sin da quando, bambina, aveva trascorso un periodo della sua vita nella terra del Sol Levante. Lo stupore e la paura del titolo sono i due sentimenti ai quali, alla fine, la giovane protagonista affiderà il suo fallimentare rapporto con una cultura e un mondo coi quali non riuscirà ad estrare in contatto, a dispetto di ogni sforzo e di ogni umiliazione. E Alain Corneau costruisce con sapienza il suo film, cercando nel volto della protagonista il comico dramma di un amore impossibile e di una comunicazione tradita. La frontalità del faccia a faccia tra i due universi si traduce in un'opera che appiana la profondità ma non smussa certo gli angoli, divertendo e significando con un'intelligenza che non mancherà di piacere al pubblico d'essai anche italiano. Insomma, una chicca da portare a casa dal 38.mo Festival di Karlovy Vary…

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