LICORICE PIZZA – Love is the Drug
L’innamoramento, il rapporto di coppia, la fuga dalla famiglia e la sua ri-fondazione nel cinema di Paul Thomas Anderson. Torniamo ancora su Licorice Pizza
Nel cinema di Paul Thomas Anderson l’amore è un atto di fede. I personaggi dei suoi film devono credere di innamorarsi, ancor prima di innamorarsi. Si impongono di amare. La coppia sembra la messa in atto di un’ossessione, o di un vuoto da colmare, ancor prima che di un incontro o di una scoperta. Cosa spinge ne Il filo nascosto lo stilista Woodcock a legarsi alla cameriera Alma? Perché al poliziotto di Magnolia basta un’occhiata — e una rapida carrellata del regista — per infatuarsi della cocainomane reclusa in casa? Com’è possibile che Emily Watson in pochi secondi decida di scommettere sentimentalmente sullo squinternato Adam Sandler di Punch Drunk Love? Insomma, come fanno i personaggi di PTA a sapere di amarsi già alla prima scena? E alla fine di ogni film, quando si baciano e si tengono per mano, noi spettatori siamo sì inebriati dalla magia indiscutibile del grande cineasta, ma i personaggi si (ri)conoscono davvero l’uno nell’altro?
Già a partire da Sydney, il titolo d’esordio del 1995, quello di Anderson è un cinema di continui colpi di fulmine che si sostengono su dei fuoricampo fatti di solitudini e insicurezze. L’innamoramento è un antidoto alla fatica della vita. Il progetto di una seconda possibilità, che in verità i personaggi decidono di interpretare perversamente come l’ultima possibilità. In Licorice Pizza, già alla seconda scena, Gary confida al fratello che ha conosciuto la donna che sposerà. A questo punto è necessario riflettere sulla visione andersoniana del rapporto di coppia, che non è soltanto un atto di fede ma un vero e proprio vincolo da perseguire e mantenere. Si ama per sempre e basta. Non c’è alternativa in questa visione dell’amore monogamica (nessuno tradisce veramente l’altro nelle storie d’amore di PTA), refrattaria alla debolezza della carne e al dubbio, una visione quasi calvinista nella sua austerità. Non a caso Gary non dice di aver conosciuto la donna che ama o la donna della sua vita… il quindicenne cerca “la donna che sposerò“! E quindi la donna con cui formerà una famiglia.
Qui sta il vero tema di tutto il cinema di Paul Thomas Anderson, coerente, personale, ma non privo di ambiguità: il conflitto insanabile tra famiglia biologica e famiglia artificiale. La fuga dalla prima verso la seconda. Cosa sono il regista di Boogie Nights, il Daniel Plainview de Il petroliere e il guru di The Master se non dei fondatori di comunità familiari? E le molteplici coppie di tutti questi melodrammi andersoniani (Barry Egan e Lena, Woodcock e Alma, Gary e Alana) cosa fanno se non ripudiare la propria famiglia di origine per fondarne una propria? A pensarci bene è un crudele e magnifico paradosso. Un cinema contro la famiglia che ha bisogno della famiglia.