"Sherlock Holmes – Gioco di ombre", di Guy Ritchie
Se la pre-confezione silveriana si rivela solidamente efficace, i dubbi permangono ancora una volta sulla capacità di Ritchie di riuscire a raccontare un mondo senza ricorrere a scorciatoie di facile superficie. Consapevole di dover affrontare con maggior cupezza lo scontro tra Sherlock Holmes e Moriarty, il regista di The Snatch tinge il suo film di un’oscurità indubbiamente elegante, e conferisce al suo Holmes accenni a una fallibilità deduttiva che nel complesso non riescono a trascinare il film oltre una prevedibilità manieristica ricorrente e rischiando di offuscare un'interessante discorso politico ed economico sull'Europa di oggi che il film si permette di sottolineare costantemente
Detto questo è abbastanza chiaro che al produttore Joel Silver interessa soprattutto “lavorare” narrativamente su una nuova coppia di poliziotti ante-litteram (Holmes-Watson) sulla falsariga dei Martin Rigg e Roger Murtaugh della sua Arma Letale (probabilmente il capolavoro hollywoodiano di Donner-Silver), dando vita a tutto un formulario di situazioni dialogiche e alchimie interpretative figlie di quella serie poliziesca e qui rivisitate nell’atmosfera di fine Ottocento dell’epoca vittoriana. Come il primo episodio anche Gioco di ombre si concentra infatti molto nel duo protagonista Downey Jr.-Law, accavallando duetti ironici nel bel mezzo di risse e sparatorie e permettendosi di aumentare la carica sottilmente omosessuale che lega morbosamente Homes e Watson, la cui amicizia viene sempre più messa in crisi dal matrimonio del secondo con Mary. Se la pre-confezione silveriana si rivela solidamente efficace (e non poteva essere altrimenti), i dubbi permangono ancora una volta sulla capacità di Ritchie di riuscire a raccontare un mondo senza ricorrere a scorciatoie di facile superficie. Consapevole di dover affrontare con maggior cupezza lo scontro tra Sherlock Holmes e Moriarty, il regista di The Snatch tinge il suo film di un’oscurità indubbiamente elegante, in larga misura figlia del Direttore della Fotografia P. Rousselot (Le relazioni pericolose, Intervista col vampiro), e conferisce al suo Holmes accenni a una fallibilità deduttiva (l’episodio del Don Giovanni all’Opera) che nel complesso non riescono a trascinare il film oltre una prevedibilità manieristica ricorrente. Un esempio su tutti è il numero di Ritchie per eccellenza, ovvero la veggenza in slow motion di Holmes prima di ogni corpo a corpo. Idea di regia riproposta almeno quattro volte nel corso del film e che connota la preoccupazione didascalica di una messa in scena che pare concentrarsi sempre e soprattutto più sul meccanismo che sullo stupore emotivo.
Titolo originale: Sherlock Holmes – Game of shadows
Regia: Guy Ritchie
Interpreti: Robert Downey jr., Jude Law, Rachel McAdams, Noomi Rapace, Kelly Reilly, Jared Harris, Stephen Fry, Eddie Marsan
Origine: Usa, Gran Bretagna 2011
Distribuzione: Warner bros
Durata: 125'