"Ali G", di Mark Mylod

Ali G: il cinema trash torna sul grande schermo ma lo fa utilizzando gli stilemi televisivi. E tra sesso e marijuana non c'è nulla di politicamente sovversivo: la commedia sexy made in England premia infatti la monogamia e il rispetto dei ruoli

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Irriverente, grottesco, surreale come una macchietta di Alvaro Vitali. Ali G, alias Sacha Baron Cohen è la nuova icona del cinema trash made in England, il Dj che con il suo corpo ibrido (metà bianco e metà nero, metà rapper e metà bravo ragazzo) e il suo linguaggio meticcio, il gangsta (a metà tra la lingua parlata dai rapper americani e il giamaicano dei britannici di colore cresciuti nei ghetti) incarna tutte le contraddizioni di una commedia sexy postmoderna che vive sul filo dell'ambiguità, attraversando generi cinematografici e televisivi differenti, imbevendosi dell'estetica sincopata dei videoclip (con le loro zoomate e le loro trame inconsistenti) e lasciandosi scandire solo da un'irresistibile miscela fatta di musica (vedi l'accattivante colonna sonora di Shaggy) e di gag esilaranti.
Ali G più che un film è l'estensione di un grande show del tubo catodico, una zona franca in cui questo grossolano eroe può dare sfogo a tutti i suoi pensieri più "osceni", investendo con la sua trivialità dissacrante il mondo politico borghese come la morale comune. Uno spettacolo mediatico, in cui al bonario voyeurismo della nostrana commedia scollacciata, si sostituisce una visione ostentata dei corpi e dei pensieri. Ali G veste con una tuta sportiva extra large e si agghinda di collane d'oro che fanno il verso all'immagine di tutti quegli afroamericani che del loro look hanno fatto un emblema di ribellismo e di trasgressione. Giganti buoni, proprio come il citato protagonista della serie televisiva A-Team, Golia neri dal cuore tenero che, nonostante la loro apparente misoginia, non possono comunque fare a meno delle loro fidanzate, delle loro madri e delle loro nonne. Da questo punto di vista, Ali G è sicuramente meno sovversivo di una qualunque commedia sexy all'italiana perché, pur esibendo una sessualità libera e sfrontata, resta vincolato a una politically correct che in ultimo arriva a premiare la monogamia e il rispetto dei ruoli. Da improbabile deputato, Ali G torna infatti ad essere un piccolo bullo di quartiere, fedele alla sua ragazza e rispettoso delle regole. Niente di tutto questo nelle commedie erotiche anni Settanta, recentemente portate alla ribalta dai palinsesti televisivi anche grazie al ritorno di un programma cinefilo come Stracult, ideato da Marco Giusti. Rispetto al cinema trash di quegli anni, quindi, Ali G è un'innocua provocazione, ma il film non manca d'interesse e potrebbe diventare un cult, non solo perché può essere visto come specchio deformante e deformato di un fenomeno sociale esteso, quello dell'appropriazione di una cultura afroamericana intesa come modello di aggregazione altro da quella bianca e borghese, ma anche perché riesce a fare della contaminazione dei generi una sua marca stilistica originale e coerente, ergendosi a parodia commerciale sia del cinema americano nero, tutto incentrato sulla problematica razziale, sia di quello inglese, orientato alla denuncia sociale. In questo doppio binario, tra Europa e America, Ali G viaggia con una disinvoltura e un'ingenuità a tratti disarmante. A dare forza a questa polarità stilistica, c'è non solo il corpo scenico di Sacha Baron Cohen, figlio legittimo del programma The 11 O'Clock Show di Channel 4, ma anche l'ambientazione, con una Londra che sembra Harlem e delle Renault 5 ultra modificate che sembrano fare il verso sia alle cadillac americane sia alle prodigiose auto dello 007 di sua Maestà.

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Regia: Mark Mylod
Sceneggiatura: Sacha Baron Cohen, Dan Mazer
Fotografia: Ashley Rowe
Montaggio: Paul Knight
Musica:   Adam F., Shaggy
Scenografia:  Grenville Horner
Costumi: Annie Hardinge
Interpreti: Sacha Baron Cohen (Ali G), Kellie Brifgt (Me Julie), Michael Gambon (Il Primo Ministro), Charles Dance (Carlton), Rhona Mitra (Kate), Martin Freeman (Ricky C), Barbara New (Nonnina), Ray Panthaki (Hassan B).
Produzione: WT2 e Working Title Films
Distribuzione: Universal Picture
Origine: Gran Bretagna, 2001

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