Amare è…, di Michael Goldenberg

Affascinante esempio di cinema sentimentale che guarda dalle parti di Marshall. Non inventa nulla ma lascia emergere tutto il piacere di quello che racconta. Stanotte, ore 2.40, Paramount Network

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Il titolo originale è già infuocato: Gregory La Cava (1933), Nick Ray (La seduttrice, 1950) e il brano di Bon Jovi (1992). La mano leggera, quasi trasparente, è quella di un regista esordiente, Michael Goldenberg, che con Amare è… dirige quello che resterà il suo unico film come regista. Successivamente invece sarà cosceneggiatore di Contact (1997) di Zemeckis, Peter Pan (2003) di Hogan, Harry Potter e l’ordine della Fenice (2007) di David Yates e Lanterna verde (2011) di Martin Campbell. E, come dimostrano gli script ai quali ha collaborato dopo questo film, Amare è… è l’utopia di un sognatore. Una commedia sentimentale già in ritardo di almeno dieci anni, giocato prevalentemente sugli sguardi tra Mary Stuart Masterson e Christian Slater che trovano intese inaspettate.

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Lisa è la vicepresidente di una grossa società che pensa quasi esclusivamente al lavoro. È fidanzata con Danny ma il loro è un rapporto si regge solo su una stanca routine. Un giorno riceve un mazzo di fiori senza biglietto. Cerca così di scoprire chi può averglieli spediti con l’aiuto dell’amica Kim e scopre che l’omaggio gli è stato fatto dallo stesso fioraio Lewis. Tra i due c’è subito complicità ma il loro rapoorto procede tra alti e bassi.

Quando il cinema sentimentale funziona, la prevedibilità si trasforma in attesa. Lo hanno insegnato sia Leo McCarey che Blake Edwards. Goldenberg ha una scrittura lieve ma carica di passione e soprattutto riesce a far emergere le indelebili cicatrici del passato dei due protagonisti anche attraverso i flashback di Lisa bambina. Chiaramente è un film che non inventa nulla e si basa su modelli di genere già prefissati e guarda soprattutto dalle parti di Garry Marshall. Ma lo fa senza alcuna presunzione, anzi cerca di regalare il maggiore spazio possibile ai due protagonisti.

Amare è… comincia come Una donna in carriera (1988) di Nichols e poi lascia galleggiare Lisa e Lewis in un possibile sogno (iniziato con una finestra illuminata) con piccoli bruschi risvegli. Goldenberg filma l’imbarazzo e lo slancio e lascia emergere tutto il piacere di quello che sta raccontando. Forse lascia un po’ sottotraccia i personaggi secondari (soprattutto l’amica di Lisa e lo svogliato fidanzato interpretato da Josh Brolin) ma sa rendere credibili e veri i suoi dialoghi come quello in cui Lewis dice a Lisa “Amo vedere la faccia della gente”. C’è solo un rimpianto: poteva durare anche 20 minuti in più. Nel 1996 è passato come un ‘ufo’ ed è stato ignorato se non deriso. Già da allora (e anche oggi) è invece un nostro piccolo ‘guity pleasure’.

 

Titolo originale: Bed of Roses
Regia: Michael Goldenberg
Interpreti: Mary Stuart Masterson, Christian Slater, Pamela Adlon, Josh Brolin, Brian Tarantina
Durata: 87′
Origine: USA, 1996
Genere: commedia sentimentale

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.7

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
5 (1 voto)
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