Anatomia di un omicidio, di Otto Preminger

Dal best seller di Robert Traver, una delle punte in assoluto del cinema processuale capace di filmare la parola con una veemenza di fuoco. Magistrale James Stewart. Stanotte, ore 2.25, Rai Movie

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Probabilmente già nelle linee spezzate della grafica dei titoli di testa di Saul Bass ci sono tutte le molteplici strade narrative di Anatomia di un omicidio. In un film che rappresenta forse la sintesi del cinema di Otto Preminger soprattutto per la funzione della parola. Qui esplosiva, ambigua, che può cambiare ogni volta significato e senso a seconda del personaggio che la pronuncia. E che rivela, progressivamente, le ombre dietro le apparenze.

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La storia, già all’inizio, sembra conclusa. Paul Biegler (James Stewart), un avvocato di provincia appassionato di pesca, accetta di difendere il tenente Frederick Manion (Ben Gazzara), un reduce della guerra di Corea, che una notte ha ucciso l’uomo che gli aveva violentato la moglie Laura (Lee Remick). La confessione innesca un meccanismo dove lo stesso fatto viene guardato da più punti di vista diversi. E la potenza del cinema di Preminger si manifesta anche nel modo in cui ogni testimonianza restituisce anche visivamente quello che è accaduto la notte del delitto sotto punti di vista diversi. Sono più sfumate le ombre noir del suo cinema degli anni ’40. Dal decennio successivo la sua filmografia si basa apparentemente su storie di “ferro” ma che aprono squarci ossessivi sulla vita dei protagonisti. In Anatomia di un omicidio c’è da una parte la solidità di quel cinema di derivazione teatrale che sembra arrivare da La vergine sotto il tetto. Entrambi i film hanno avuto poi problemi con la censura. Se le situazioni mostrate nella pellicola realizzata nel 1953 avevano destato scandalo ma alla fine anche determinato la fine del Codice Hays, questo film invece è stato accusato di ‘immoralità’ e ‘oscenità’ per il linguaggio esplicito evidente in termini come ‘spermatogenesi’ e per alcuni dettagli come il colore delle mutandine della protagonista.

Tratto dal best seller di Robert Traver, Anatomia di un omicidio filma la parola con una veemenza di fuoco. In questo caso sempre sospesa tra il concetto di verità e quello di giustizia. E comunque sempre connessa con il ricordo soggettivo e con i luoghi poi svelati in tutta la parte finale. Dura circa 2 ore e 40 e più della metà si svolge in un’aula di tribunale. Ed è uno degli esempi più alti di sempre di ‘cinema processuale’, con cui il regista aveva già dimostrato di affrontarlo con grande padronanza in Corte marziale. E che poi, nel cinema successivo, sarà un esempio per molti legal-thriller. Dove i colpi di scena non sono improvvisi ma calcolati come in una partitura musicale, come nel caso dell’arrivo in aula della figlia dell’uomo ucciso.I fatti vengono rivelati progressivamente con una chiarezza di scrittura (la sceneggiatura è di Wendell Mayes) che è cristallina. Ma al tempo stesso dissemina dettagli. Con la capacità di Preminger di intrappolare la morbosità degli sguardi come quello del tenente dalle sbarre del carcere nei confronti della moglie quando la vede incontrarsi con l’avvocato. Oppure già evidente con l’entrata in scena di Lee Remick. Gioca con Biegler, lo vuole forse sedurre subito. Con gli occhi coperti dagli occhiali da sole. Che però proteggono il suo volto dai segni della violenza subita. Forse la sua immagine è esplicita di un film che mostra prima i fatti e poi ‘l’altra faccia’. E che ha un ritmo incalzante, senza cedimenti. E si può vedere nella scena in cui Laura viene interrogata dall’avvocato dell’accusa (George C. Scott) a distanza ravvicinatissima.

La prova degli attori è certamente uno dei suoi punti di forza. A cominciare da James Stewart che prima cerca quasi di farsi notare il meno possibile e poi esplode con tutta la sua indignazione durante il processo. Ma Anatomia di un omicidio è un film che sa prendersi anche i suoi tempi lunghi. Come si può vedere in tutta la parte iniziale che ha quasi un tono da commedia nella descrizione del rapporto tra l’avvocato e il suo amico giudice con il vizio dell’alcool. Oppure la pausa in cui Biegler suona il piano assieme a Duke Ellington, autore della colonna sonora. E quando poi l’avvocato si alza e se ne sta andando, il celebre compositore jazz gli dice: “non mi lascerà mica solo”. Piccoli depistaggi. Altre rette spezzate come quelle dei titoli di Saul Bass. Le stesse che forse hanno mandato fuori di testa i critici dei Cahiers du cinéma nei confronti del cinema di Preminger. E Anatomia di un omicidio è stato realizzato nello stesso anno di I 400 colpi e uno prima di Fino all’ultimo respiro. Forse solo coincidenze, forse segni del destino.

 

Titolo originale: Anatomy of a Murder
Regia: Otto Preminger
Interpreti: James Stewart, Lee Remick, Ben Gazzara, George C. Scott, Arthur O’Connell, Eve Arden, Kathryn Grant, Joseph N. Welch
Durata: 160′
Origine: USA, 1959
Genere: drammatico

 

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4.6

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
4 (12 voti)
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