Animal Kingdom, di David Michôd

Animal Kingdom, di David Michôd
Dal cinema di Rob Zombie il film australiano rielabora la visione microcosmica e alienata della famiglia, una raffigurazione del male come entità prevalentemente domestica e sottoproletaria e contemporaneamente una disillusione verso le istituzioni che si fa critica speculare e complessiva a tutto un mondo dominato da dinamiche primordiali, sanguinarie, implicitamente inclini al sadismo

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Animal Kingdom, di David MichôdInizia con un campo medio che, raccontando il lutto da cui prende avvio la storia, indica già tutta la distanza emotiva che si percepisce vedendo questa celebrata opera vincitrice al Sundance firmata dall'australiano David Michôd. Un film a suo modo sgradevole, con un suo fascino malato ma forse troppo programmaticamente prigioniero del "suo" mondo. Il minorenne Justin, perduta la madre per overdose, si stabilisce dagli zii, una banda di criminali costretta a vivere braccata dalla polizia in seguito a spaccio di droga e rapine in banca. L’equilibrio interno tra tutti i membri è garantito dalla devota e inquietante capofamiglia Smurf, disposta a fare di tutto pur di proteggere i propri figli. La situazione precipita quando viene assassinato dalla polizia uno di loro Baz, dando così inizio a una guerra di vendette, uccisioni e tradimenti. Justin dovrà così scegliere da che parte stare.
Un' Australia (la periferia di Melbourne, in cui è ambientato il film) che sembra configurarsi fotogramma dopo fotogramma come il Texas di Non aprite quella porta. E del resto il riferimento primario per questo Animal Kingdom è proprio quel cinema derivativo, ma rielaborato autorialmente, di Rob Zombie, che certo ha avuto negli esempi di Sam Peckinpah e Tobe Hooper dei riferimenti primari, soprattutto rispetto a quello che da più parti viene considerato il capolavoro del regista americano, ovvero La casa del diavolo, pellicola che con Animal Kingdom finisce con l’avere diversi punti in comune. Dal cinema di Rob Zombie il film australiano rielabora la visione microcosmica e alienata della famiglia, una raffigurazione del male come entità prevalentemente domestica e sottoproletaria e contemporaneamente una disillusione verso le istituzioni (la corruzione della polizia e l'amoralità di avvocati e giustizia) che si fa critica speculare e complessiva a tutto un mondo dominato da dinamiche primordiali, sanguinarie, implicitamente inclini al sadismo. È il regno animale che dà il titolo al film e che Michôd decide di raccontare cadendo però nell'incertezza di toni e sfumature. Incerto se affidarsi alla forma (i rallenti reiterati che immortalano i momenti decisivi del racconto) o ai corpi di questa storia eccessiva ed esagerata.

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Regia: David Michod
Interpreti: James Frecheville, Guy Pearce, Joel Edgerton, Ben Mendelsohn, Luke Ford, Jacki Weaver, Sullivan Stapleton
Distribuzione: Mikado Film
Durata: 112’
Origine: Australia, 2010


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