Beast, di Baltasar Kormákur

Sfiora un’intuizione esplosiva gamificando il survival e riflettendo sull’elemento digitale di quell’immaginario. Peccato non riesca a far saltare davvero il tavolo di un intero genere.

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Quello di Baltasar Kormákur è sempre più un cinema di carne e sangue, in equilibrio tra survivalismo e melò. La svolta, il regista l’aveva già annunciata con il precedente Resta con me, ma forse il germe di tutto era già nella sequenza della lunga sparatoria di Contraband, disperata, tutta urla, panico e fischi delle pallottole. In questo senso, Beast pare davvero un sequel spirituale di Resta con me con al centro Idris Elba che già aveva sperimentato questo modo di intendere l’avventura con Il domani tra di noi. L’attore interpreta il dr. Nate Samuels, medico vedovo che parte per l’Africa per poter riallacciare i rapporti con le due figlie che ancora non gli perdonano l’aver divorziato dalla madre proprio poco prima che si ammalasse. Qui, i tre dovranno però confrontarsi con gli attacchi improvvisi di un leone che li considera una minaccia per il branco. Le coordinate su cui si muove Kormákur ricordano dunque quelle del suo film precedente ma il suo sguardo ora pare volersi evolvere. Perché sebbene la struttura da melò rimanga ben salda (a partire da una scrittura che ama soffermarsi sulle complesse dinamiche fra i tre e, sopratutto, tratteggia il protagonista in tutta la sua ambiguità di padre assente e quasi ipocrita) Beast è un film smaccatamente teorico, pronto a interrogare dal suo punto di vista le evoluzioni dello sguardo spettatoriale ed il suo rapporto con il genere survival ed il suo immaginario.

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Il discorso di Kormákur in questo senso è tanto lucido quanto spiazzante: ogni scontro con il leone è concepito infatti come un fluido piano sequenza che spazia tra soggettive irreali ed uno spazio scenico ridefinito costantemente dai movimenti di macchina. Quello inseguito da Beast è lo sguardo immersivo del gamer, come a voler prendere atto che, ormai, il survival non è più solo un genere ma un vero e proprio dispositivo narrativo che modella interi immaginari e spazi mediali, primo tra tutti, senza dubbio il videogame. E allora ecco che Beast diventa un action apertamente gamificato, immersivo, costruito a partire da quella sintassi, sballottato tra “livelli” di difficoltà crescente e personaggi coinvolti in veri e propri quick time event per contrastare pericoli imminenti (ma non manca, ovvio, anche la missione da “cecchino”).

Sarebbe potuto essere uno straordinario esperimento concettuale, Beast, un action survivalista consapevole della sua posizione nel contesto mediale contemporaneo. Ce l’avrebbe fatta, Kormákur, il film, teso tra un Idris Elba pronto a spendersi in ogni modo per il bene del racconto e un’affascinante problematizzazione del melò avrebbe potuto sostenere il peso delle ambizioni ma la regia pare spaventata da un approccio così integrale. La seconda parte di Beast perde in effetti molta della spinta iniziale. La scrittura si chiude nelle quattro pareti del fuoristrada dove trovano per un po’ rifugio i protagonisti, rinunciando a esplorare le possibilità narrative della savana come fatto fino ad un momento prima. Il ritmo non cala, soprattutto grazie ad una ritmatissima macchina a mano ma da questo momento Beast è distratto, imbocca improvvisamente una deriva ambientalista, fa scontrare i protagonisti con i contrabbandieri ma sono spunti frettolosi, che lo script cerca per dare sostanza ad un racconto che, in realtà, finora, si è retto benissimo solo grazie alla sua lucidità concettuale.

Beast

Il film acquisisce un passo sempre più controllato e soprattutto svela una convenzionalità narrativa che certi guizzi formali erano riusciti a nascondere bene. Kormákur trova una sua misura in questo nuovo setup solo nell’ultimo atto, comunque frettoloso ma indubbiamente risoluto nel voler trovare una quadra tra il passato di un intero genere ed il futuro teorizzato fino a quel momento, tra una macchina da presa che ricomincia, finalmente, a muoversi libera nello spazio (l’ultimo piano sequenza, pressocché tutto in interni, è quasi sulla falsariga del cinema di Michael Bay, a tratti, per la fluidità con cui viene gestito) ed un confronto finale che pare una rilettura divertita di certi duelli del grande cinema d’avventura degli anni ’50.

Ma quella di Kormákur è comunque una exit strategy, un modo per riportare tutti a casa prima di perdere definitivamente il controllo sul film. E certamente il piano alla fine dà i suoi frutti. Beast si rivela un action che prova a ripensare con intelligenza un genere da un punto di vista nuovo, ma è forte la sensazione di trovarsi di fronte ad uno stimolante work in progress, all’occasione di far saltare davvero il banco di un modo di intendere certo cinema che Kormàtur ha soltanto preparato ma mai sviluppato davvero.

 

Titolo originale: id.
Regia: Balthasar Kormákur
Interpreti: Idris Elba, Sharlto Copley, Leah Jeffries, Iyana Halley, Martin Munro, Daniel Hadebe, Thapelo Sebogosi, Chris Langa, Mduduzi Mavimbela, Chris Gxalaba
Distribuzione: Universal Pictures Italia
Durata: 93′
Origine: USA, 2022

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.3
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Il voto dei lettori
2.75 (8 voti)
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